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I gilet gialli alle elezioni

Francia: la protesta che fece il giro del mondo continua a covare in provincia - Il reportage

  • 26 marzo 2022, 21:59
  • 20 novembre, 18:24
04:28

Presidenziali francesi, il reportage

Telegiornale 26.03.2022, 21:00

Di: Davide Mattei 

“La verità è che non vengono mai sul territorio, e quando vengono al massimo vanno nei capoluoghi di provincia, ma così come può funzionare?” L’analisi è di Marie, giovane madre di Le Blanc, graziosa cittadina di sei mila anime in mezzo alla provincia dell’Indre.

E 'loro' sono i politici, che nella accentratrice Francia, vivono nella bolla di Parigi senza rendersi conto del paese reale fatto di problemi diversi da quelli della capitale. “Per avere una visita dall’oculista il tempo di attesa qui è di due anni” spiega Marie, “all’ospedale mancano cardiologi, un radiologo che interpreti gli esami e un ginecologo”, mentre in tanti “non hanno un medico di famiglia perché quando vanno in pensione nessuno li sostituisce”.

In termini quasi poetici, il territorio francese che soffre di più di questi problemi è stato chiamato “la diagonale del vuoto” ed è quella striscia di Esagono che va da Strasburgo a Tolosa dove i servizi sono sempre in calo, il lavoro non è mai abbondato e la vita si fa quindi ogni giorno un po’ più difficile. Non a caso è proprio sulla ‘diagonale’ dove ci fu la più grande partecipazione alla prima protesta dei gilet gialli il 17 novembre 2018.

Scesi in strada dopo la proposta di caro carburante per frenare il cambio climatico, la protesta divenne un modo di far sentire la voce di quella Francia trascurata e preoccupata dal declassamento. Le manifestazioni - a Parigi - e l’uso della violenza, obbligarono Macon a mettere sul tavolo 17 miliardi di euro di misure per aumentare il potere d’acquisto dei meno abbienti (premi di fine anno, premi di produttività, assegni energia, ore di straordinario detassate, cancellazione dell'aumento benzina, etc).

Ma i problemi dei gilets sono stati risolti? “No, Macron non mi ha dato nulla” risponde Damien, magazziniere di Châteauroux, uno dei fondatori del gruppo gilets jaunes dell’Indre con un riflesso rapido e forse un po’ tendenzioso. Lui era interinale e continua ad esserlo, lavora per qualche mese e poi viene rimesso in disoccupazione. Il Covid non ha certo aiutato a migliorare le cose, ma alle parole del presidente della Repubblica lui non crede: “è un gran comunicatore, questo è poco ma sicuro” ma per lui poi i fatti non arrivano.

In realtà proprio le misure prese per i gilet, hanno fatto sì che il reddito disponibile del 10% dei francesi più poveri (fino a 10 mila euro annuali) sia aumentato del 5% ovvero di oltre 600€ all’anno, rispetto al +3,5% del 10% dei francesi più ricchi, dice uno studio recente dell’OFCE. Ma Macron non sarà mai un’opzione per quei francesi che avevano scelto di protestare sulle rotonde del paese.

Per chi voteranno allora? “Chi votava a sinistra passerà all’estrema sinistra e chi era di destra passerà all’estrema destra” crede di poter prevedere Damien sicuro che la frustrazione, ancora tutta presente in provincia, guiderà il voto.

I candidati sarebbero quindi per Marine Le Pen (o Eric Zemmour) e Jean-Luc Mélenchon, esattamente i due sfidanti di Emmanuel Macron che i sondaggi dicono favoriti per essere al secondo turno delle presidenziali il prossimo 24 aprile.

“Tanto sarà un’elezione senza dibattiti, sbrigativa” al termine della quale vincerà ancora lui, ‘il presidente dei ricchi’, si rassegna Damien, pronto ad “altri cinque anni di sofferenza”.

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