“Questo mese ho pagato solo metà affitto, l’altra metà che la paghino gli scarafaggi, alla fine condividiamo l’appartamento”. Jamila è avvolta in una vestaglia rossa di pile felpato e sulle labbra le resta un sorriso tra il triste e l’ironico quando finisce la frase. Il suo appartamento è quasi un punto sulla facciata del palazzone popolare nel quale vive, uno dei 12 che compongono la citè di Frais Vallon, nel 13º arrondissement di Marsiglia.
Nel salotto, immerso nella penombra, oggi riceve Amine Kessaci, amico di sua figlia, nato e cresciuto nel quartiere e presidente dell’associazione Conscience, nonostante i 18 anni appena compiuti. Quello di Jamila con Amine è un flusso di coscienza sul degrado nel quale è immersa la sua vita: insalubrità, crolli di balconi, ma soprattutto la violenza legata allo spaccio di droga, sempre più presente.
“L’altro giorno è arrivata un’auto, sono scesi dei ragazzi e hanno massacrato con il calcio del ‘kalash’ tutti i ragazzini che facevano il palo” racconta quasi con distacco. Nel quartiere spacciare droga può portare soldi facili a una gioventù spesso presa nella spirale di descolarizzazione, povertà e disoccupazione.
Ma le gang si contendono le zone a colpi d’arma da fuoco. Quasi 40 persone sono morte nel 2021 a Marsiglia in regolamenti di conti, in maggioranza proprio nei quartieri nord della città (13º, 14º e 15º arrondissement) dove la violenza si sta banalizzando.
Nel dicembre 2020 Amine ha perso suo fratello Brahim, 22 anni, proprio così: l’hanno ritrovato carbonizzato nel bagagliaio di un’auto assieme a un amico. Oggi ne riesce a parlare apertamente, spiega che da anni era implicato nello spaccio nel quartiere ed era già sopravvissuto a un attentato.
Ma non è stato sempre così: all’inizio Amine ha attraversato un periodo di choc, poi ha reagito, ha ripreso in mano l’associazione ambientalista che aveva fondato per trasformarla e aiutare le famiglie delle vittime e anche i giovani del quartiere, provando a trovar loro opportunità di lavoro per evitare che la vita finisca “in galera o all’obitorio”.
Con Macron, nessun cambiamento
Per questo ragazzo dai giovani baffi neri e dalla sicurezza poco frequente per la sua età, il bilancio del quinquennio Macron non è visibile nel quartiere: “questa settimana sono morte 4 persone, 15 giorni fa sono morte una ragazzina di 15 anni e un ragazzo di 14, ci sono ancora palazzoni che cadono a pezzi, se c’è stato un cambiamento qui non l’abbiamo visto”.
Gli oltre 5 milioni di francesi che vivono in quartieri prioritari sono spesso i grandi dimenticati della politica francese e persino delle promesse elettorali, in parte perché l’astensionismo è molto elevato e quindi l’impatto delle citès sulle elezioni rimane limitato.
La destra e l’estrema destra ne fanno spesso uno spauracchio per chiedere misure drastiche e guadagnare voti altrove, la sinistra moderata non sembra più capace di parlare loro, mentre l’entusiasmo suscitato da Macron nel 2017 oggi pare scemato. L’unico partito che sembra avere un appoggio è la Francia ribelle di Jean-Luc Mélenchon, ma le proposte per le banlieues rimangono le grandi assenti della campagna elettorale.
Amine non demorde, la sua associazione ha lanciato un bus che gira nei quartieri per incitare i giovani ad andare a votare “perché se andiamo tutti in massa poi ci potremmo permettere di esigere delle cose” ci dice, impaziente di votare per la prima volta il prossimo 10 aprile.