Il Fentanyl e il record di overdose negli Stati Uniti

Negli Stati Uniti c’è un’epidemia silenziosa che fa notizia solo al raggiungimento dell’ennesimo record o quando un nuovo cocktail di sostanze letali inizia a mietere vittime. È la crisi degli oppiacei, una piaga esplosa nella seconda parte degli Anni Novanta e che l'anno scorso, si stima, ha toccato quota 110'000 vittime per overdose di droga.

Il nemico numero uno, per citare le parole di Richard Nixon, quando lanciò cinquant’anni fa la “War on drugs”, oggi si chiama Fentanyl, un antidolorifico usato inizialmente nella cura dei tumori e poi prodotto illegalmente come sostituto dell’eroina. Viene sintetizzato in Cina e raggiunge gli Stati Uniti passando dal Messico dove i cartelli gestiscono la sua distribuzione.

A Nashville sono state trovate tracce di Fentanyl in quattro overdosi su cinque. Thomas Gooch nel 2014 ha aperto “The Father’s House” un centro di inserimento per padri che cercano di rifarsi una vita dopo la disintossicazione. Anche lui è papà di tre figli, anche lui è passato attraverso l’esperienza della droga, la dipendenza dal crack, ma oggi, a 52 anni, ammette di non aver mai visto nulla di simile al Fentanyl, sostanza tagliata con ogni tipo di stupefacente. Il Tennessee è il quinto stato americano maggiormente toccato dalla diffusione di questo oppiaceo illegale, con quarantacinque decessi per droga ogni centomila abitanti.

Squadre speciali antidroga sono state costituite e lavorano con gruppi di prevenzione per arginare il diffondersi di questa epidemia. Due milligrammi di Fentanyl costituiscono una dose letale. E a preoccupare è il percorso che porta a questa dipendenza, un percorso ormai etichettato come “classico” per milioni di americani: l’abuso di antidolorifici che porta alla dipendenza (è stata, ad esempio, la causa della morte di alcune star della musica come Prince o Tom Petty).

Nel reportage al Telegiornale il racconto di Tom, di chi ce l’ha fatta a uscirne, di chi combatte questa piaga.