La Russia costruirà una centrale nucleare in Uzbekistan, la prima nella repubblica ex sovietica dell’Asia centrale. L’intesa per la realizzazione del progetto è stata raggiunta durante la recente visita del presidente russo Vladimir Putin a Tashkent ed è stata definita storica dall’omologo uzbeko Shavkat Mirziyoyev, che ha parlato dell’inizio di una nuova era nel partenariato strategico globale e nell’alleanza tra i due paesi. Il progetto prevede la realizzazione di sei reattori nucleari con una capacità di 55 megawatt ciascuno. Il finanziamento arriverà in gran parte da Mosca, che verserà 400 milioni di dollari in un fondo di investimento congiunto di mezzo miliardo, che comprende altri progetti. La realizzazione della centrale è affidata al colosso russo del settore Rosatom. Durante la visita di Putin, Mirziyoyev ha affermato di essere interessato anche ad acquistare più petrolio e gas dalla Russia, invertendo i rapporti degli ultimi anni per i quali era invece Mosca ad importare idrocarburi dall’Asia centrale, per poi ridistribuirli anche sul mercato europeo.
Putin e l'omologo uzbeko a Tashkent lunedì
Sulle orme di Gazprom
Da ormai oltre due anni la guerra in Ucraina e le sanzioni occidentali hanno rimescolato però le carte sul tavolo energetico internazionale e il Cremlino esporta adesso poco o nulla verso l’Europa, mentre i mercati principali sono diventati quelli asiatici, con Cina e India in testa. Il legame tra Russia e le altre repubbliche ex sovietiche (i cinque Stan: Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Turkmenistan e Uzbekistan) si sta rafforzando in questa direzione, come dimostra l’esempio di Tashkent. Il fatto che la cooperazione prenda inoltre il volo sul terreno del nucleare non è un caso: Rosatom sta acquisendo infatti per i Cremlino il ruolo che Gazprom nel settore del gas ha avuto per gli scorsi due decenni. Con lo spostamento forzato delle direttrici dell’export di gas e petrolio da occidente a oriente e il ruolo crescente, ovunque, dell’industria dell’energia atomica, il gigante russo del nucleare è diventato uno dei maggiori attori a livello mondiale, potendo contare non solo sulla tecnologia, ma anche sulla materia prima: la Russia, insieme con il Kazakistan, che è il primo produttore al mondo, controlla quasi la metà della produzione mondiale (circa 23’700 tonnellate su 49’300, secondo i dati del 2022 della World Nuclear Association).
Dipendenza europea
Rosatom è una holding globale che comprende oltre 400 aziende, impegnate anche in Paesi dell’Unione Europea, che sino ad ora non ha sanzionato il settore del nucleare russo. Mosca fornisce combustibile per 21 reattori nucleari sparsi in Europa, dove sono in funzione i vecchi impianti di generazione sovietica, dalla Bulgaria all’Ungheria, dalla Slovacchia alla Repubblica Ceca, Paesi che dipendono al 100% dal carburante Rosatom. Anche la Finlandia per i due blocchi della centrale di Loviisa dipende dalla Russia per una quota del 35% sul totale importato. L’Unione Europea importa dall’estero il 99,5% dell’uranio naturale, con circa il 20% che arriva dalla Russia e altrettanto al Kazakistan. Il braccio atomico del Cremlino copre ancora un quarto dei servizi di arricchimento dell’uranio in Europa e esporta prodotti di uranio arricchito, in Francia, Germania, Spagna, Gran Bretagna, Belgio, Svezia, Finlandia, Svizzera e Repubblica Ceca. Gli Stati Uniti hanno deciso di non importare più uranio russo, che soddisfaceva circa il 12% del fabbisogno statunitense, solo da qualche settimana, dopo il nuovo giro di sanzioni di inizio maggio.
Global player
Attualmente Rosatom gestisce una trentina di progetti in varie parti del mondo, dalla Cina all’Egitto, dalla Turchia alla Bielorussia, controlla il 17% del mercato globale del combustibile nucleare e in Russia è il maggior produttore di energia elettrica (circa un quarto del totale). È insomma un player assoluto, diretto da un tecnocrate, Alexey Likhachev, in carica dal 2016, dopo aver sostituito Sergei Kirienko, ora primo vice dell’Amministrazione presidenziale. Come Gazprom è stato in precedenza, anche, ma non solo, uno strumento del Cremlino per allargare le proprie aree di influenza, così Rosatom adesso gioca un ruolo non solo economico-industriale, ma anche politico sulla scacchiera mondiale, in concorrenza con gli altri giganti del settore, come la statunitense Westinghouse che sta cercando di rimpiazzare gradualmente la tecnologia sovietica ancor presente soprattutto in Europa orientale con la propria.