“Mentre c’è chi erige staccati, noi costruiamo ponti”. E porti, verrebbe da aggiungere alla retorica dominante sui media statali cinesi, che esaltano l’inaugurazione di un nuovo mega porto che viene additato a simbolo della cooperazione pragmatica proposta dal gigante asiatico. Siamo a Chancay, poco meno di 80 chilometri a nord di Lima. Dal palazzo presidenziale della capitale, Xi Jinping e la presidente del Perù Dina Boluarte si collegano in video. “Aprite il porto”, dice il leader cinese. Poi gli applausi e il taglio del nastro. Quello di Chancay è il primo porto finanziato dalla Cina in Sudamerica, con l’obiettivo dichiarato di rendere la città affacciata sull’Oceano Pacifico la “Singapore dell’America latina”. Etichetta ambiziosa, ma che passando in rassegna i numeri potrebbe non essere così campata per aria. Il nuovo scalo portuale gestirà un milione di container all’anno, dimezzando i tempi di consegna da 45 a 23 giorni sulla rotta con Shanghai. Si calcola un risparmio del 20% sui costi logistici e la creazione di oltre 8’000 posti di lavoro.
Il tempismo dell’iniziativa è rilevante. Proprio mentre Donald Trump si appresta a rientrare alla Casa Bianca, minacciando dazi, la Cina utilizza il porto per presentarsi come garanti del libero commercio, di fronte al protezionismo del tycoon prossimo presidente degli Stati Uniti.
“Poiché le nostre economie sono profondamente integrate, è utile agli interessi comuni della famiglia dell’Asia-Pacifico e del Sud del mondo rafforzare la solidarietà e la cooperazione, nonché mantenere la stabilità e la prosperità regionale”, dice Xi, che individua nel porto di Chancay il fiore all’occhiello della sua Nuova Via della Seta in Perù, nonché il più fulgido esempio di cooperazione tra Cina e Sudamerica. Lo slogan “da Chancay a Shanghai” indica un “futuro luminoso di cooperazione reciprocamente vantaggiosa tra le due nazioni”, dice Xi, mentre le rispettive diplomazie non mancano di sottolineare come il porto diventerà un hub fondamentale nel Pacifico meridionale, contribuendo a collegare non solo Cina e Perù, ma in generale Asia orientale e Sudamerica con la redistribuzione di merci provenienti da Cile, Ecuador, Colombia, Brasile e Uruguay.
Il sodalizio tra Xi Jinping e Dina Boluarte
Poiché le economie dell’Asia-Pacifico sono profondamente integrate, Xi ha affermato che è utile agli interessi comuni della famiglia dell’Asia-Pacifico e del Sud del mondo rafforzare la solidarietà e la cooperazione, nonché mantenere la stabilità e la prosperità regionale. La Cina è stabilmente il primo partner commerciale del Perù, rappresentando il 40% delle esportazioni del paese e il 25% delle importazioni nel 2023. Ma il ruolo sempre più centrale giocato da Pechino in Sudamerica, tradizionalmente più vicino agli Stati Uniti, si estende a tutto il continente. Dal 2012, la Cina è il secondo partner commerciale dell’America Latina. Nel 2023, il commercio tra le due parti è cresciuto del 7,7% rispetto all’anno precedente, raggiungendo i 485,7 miliardi di dollari. Secondo un rapporto pubblicato di recente dalla Commissione economica delle Nazioni Unite per l’America Latina e i Caraibi, quest’anno la Cina sarà il mercato di esportazione più in crescita della regione.
Pechino investe in infrastrutture e digitale, ricevendo in cambio accesso privilegiato a risorse cruciali per l’industria tecnologica verde, come il litio. L’interesse cinese verso la regione è anche strategico, visto che proprio qui Taiwan conserva ben sette dei 12 alleati diplomatici rimasti, vale a dire i Paesi che ne riconoscono la sovranità. Il numero si è assottigliato nel corso degli ultimi anni, quando Pechino è riuscita a portare dalla sua parte Nicaragua e Honduras.
A rafforzare la retorica della Cina “alfiere del libero commercio”, Xi ha anche firmato con Boluarte un rafforzamento del trattato di libero scambio col Perù. Nei prossimi giorni, siglerà diverse intese commerciali pure in Brasile, dove parteciperà al summit del G20 al fianco del presidente Lula. Prima, però, gli impegni dell’Apec, la Cooperazione Economica Asia-Pacifico. A margine del vertice annuale, sabato 16 novembre c’è in programma un bilaterale con Joe Biden. Doveva essere l’incontro utile a stabilizzare le relazioni in vista di una presidenza di Kamala Harris, sarà invece un ultimo colloquio dal quale potrebbero arrivare segnali in direzione di Trump. Di certo, Xi non si farà sfuggire l’occasione per ribadire la pretesa di guidare una “potenza responsabile” e soprattutto “garante di stabilità”, di fronte alle tante incognite del secondo mandato del tycoon.