Le autorità israeliane "devono essere chiamate a rendere conto del crimine di apartheid contro i palestinesi". A sostenerlo è Amnesty International in un rapporto pubblicato oggi, martedì, in cui si afferma l'esistenza di un sistema di "oppressione" nei confronti dei palestinesi, che sarebbero trattati dallo Stato ebraico come un "gruppo razziale inferiore". Nel documento di 182 pagine si elencano casi di requisizioni di terre e proprietà, uccisioni, trasferimenti forzati, limitazioni di movimento e negazione di nazionalità e cittadinanza.
Lunedì, mentre il rapporto circolava sotto embargo, il ministro degli esteri israeliano Yair Lapid lo ha bollato come "antisemita" e come un "riciclo di bugie": una volta, Amnesty era "un'organizzazione stimata che tutti noi rispettavamo. Oggi è l'esatto contrario", ha detto Lapid, accusando la ONG di essere diventata "un'organizzazione radicale".
Nel 2021, anche Human Rights Watch aveva accusato Israele di "apartheid" nei confronti palestinesi, usando il termine coniato nel per indicare la politica di segregazione razziale del Sudafrica. Amnesty riprende il principio, ma sottolineando di voler evitare paragoni tra i due Stati.
Agnes Callamard, segretaria generale di Amnesty International, durante la conferenza stampa
"Che vivano a Gaza, Gerusalemme Est, a Hebron o in Israele, i palestinesi sono trattati come un gruppo razziale inferiore e sono sistematicamente privati dei loro diritti", ha dichiarato Agnès Callamard, segretaria generale di Amnesty International. "Le nostre ricerche evidenziato che le crudeli politiche di segregazione, spossessamento ed esclusione in tutti i territori sotto il controllo israeliano costituiscono chiaramente apartheid. La comunità internazionale ha l’obbligo di agire,” ha aggiunto.
I rappresentanti della ONG, durante una conferenza stampa a Gerusalemme hanno inoltre respinto le accuse di antisemitismo e invitato Israele a rispettare le leggi internazionali, esortando la Corte penale internazionale a svolgere indagini.