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"In Siria usate neurotossine"

Lo conferma MSF; nel frattempo gli USA valutano un intervento militare senza mandato ONU

  • 24 agosto 2013, 19:39
  • 5 giugno 2023, 20:12
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L'utilizzo nei giorni scorsi di armi chimiche nella regione di Damasco trova una prima conferma da fonti indipendenti, nella fattispecie l'organizzazione umanitaria Médecins sans frontières.

In tre ospedali con cui collabora, in poche ore mercoledì mattina sono stati ricoverati 3'600 pazienti che presentavano i sintomi di un contatto con neurotossine e che sono stati curati con l'atropina. Di questi, "355 sono morti".

Gli effetti riscontrati (convulsioni, eccessiva salivazione, pupille contratte, difficoltà respiratorie) e lo schema epidemiologico, caratterizzato anche dalla contaminazione di chi ha prestato i primi soccorsi, suggeriscono l'esposizione a questi agenti, si legge in comunicato firmato dal direttore delle operazioni Bart Janssens. Il ricorso alle armi chimiche e batteriologiche, ricorda, "è una violazione del diritto internazionale umanitario". MSF non si pronuncia tuttavia sui responsabili dell'accaduto.

L'opposizione aveva parlato di oltre 1'000 morti, un'ONG locale di 170, mentre il regime di Bashar el Assad nega qualsiasi ricorso a gas proibiti e anzi accusa i ribelli di servirsene a loro volta.

Riunione dei capi di Stato maggiore per fare il punto sul conflitto

Per fare il punto sul conflitto, i capi di Stato maggiore di diversi paesi occidentali e musulmani si riuniranno tra due giorni in Giordania. Lo riferisce un portavoce del ministero della difesa britannico. Tra i diversi ministri, oltre a Philip Hammond, sarà presente anche il ministro della difesa francese Jean Yves Le Drian. Lo confermano da Parigi fonti militari.

L'incontro, su invito del capo di Stato maggiore giordano Mechaal Mohamed el Zeben e del capo del comando americano per il Medio Oriente, era previsto da lungo tempo e non è stato organizzato a seguito dell'attacco al gas trossico avvenuto pochi giorni fa a Damasco.

USA tentati dal “modello Kosovo”

Nel frattempo Obama ha incontrato i consiglieri alla sicurezza per valutare la fattibilità di un intervento militare in Siria; secondo la stampa statunitense gli esperti stanno studiando il “modello Kosovo”, che permetterebbe incursioni aeree Nato nel paese mediorientale senza il voto favorevole dell’Onu, aggirando così il veto certo di Russia e Cina.

Così come in Siria, con la politica repressiva e di pulizia etnica di Belgrado in Kosovo alla fine degli anni ‘90, anche allora ci si trovava in una situazione sociale e umanitaria drammatica; l’Alleanza Atlantica decise quindi di intervenire senza attendere le reiterate sedute del Consiglio di sicurezza - già ai tempi segnate dal veto di una Mosca amica della Serbia - e a partire dal 24 marzo 1999 per 78 giorni bombardò le forze serbe per indurre Slobodan Milosevic a ritirare i suoi militari dal Kosovo.

RedMM

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