La Guardia di Finanza di Milano ha sequestrato, nell’ambito di un’inchiesta per reati fiscali, oltre 779 milioni di euro alla compagnia irlandese Airbnb, titolare dell’omonima piattaforma di affitti brevi, e a tre persone che hanno rivestito cariche di amministrazione all’interno del gruppo tra il 2017 e il 2021.
Nell’indagine si ipotizza che la società non abbia versato oltre 3,5 miliardi di euro di imposte sui canoni di locazione incassati tra il 2017 e il 2021.
L’azione fa seguito alle decisioni della magistratura italiana e UE che hanno definitivamente equiparato l’attività di Airbnb a quella di affittacamere.
Il colosso, spiega il giudice, “avrebbe dovuto applicare la ritenuta” della cedolare secca (il 21%) su un imponibile costituito dagli importi versati dagli utenti-ospiti e poi “trasferiti” dalla compagnia irlandese, che gestisce i ricavi per l’Europa, “ai singoli host”, ossia i locatari, al netto della commissione incassata da Airbnb, attorno al 4%.
Nel corso della verifica fiscale della Gdf, iniziata nel maggio del 2022 e che si è conclusa il 18 maggio del 2023, Airbnb in memorie depositate “ha continuato a sostenere ‘di non essere soggetta all’obbligo di applicare la ritenuta’” e “nei fatti non ha mai applicato, né tutt’oggi applica, alcuna ritenuta sui canoni percepiti dalle locazioni brevi”.
Per difendersi dalle contestazioni, in particolare, la società ha sostenuto la tesi di una “generalizzata presunzione di imprenditorialità in capo ad ampie categorie di host”. Secondo Airbnb, in pratica, da “sostituto di imposta” la società avrebbe potuto vagliare “caso per caso se l’attività di locazione a breve termine ‘rientri nell’esercizio dell’attività di impresa e, quindi, se l’host sia soggetto o meno alla cedolare secca’”.
E così ha indicato che non erano soggetti all’applicazione della cedolare secca “i titolari di partita Iva”, gli host che hanno “effettuato prestazioni di valore pari o superiore a 65mila euro” e coloro che “forniscono servizi di alloggio simili a quelli alberghieri”, come i servizi di pulizia e lavanderia. E ancora gli “host professionali”, definiti così secondo “parametri interni” di Airbnb, e i locatari con “annunci per più di quattro appartamenti”.