L'avanzata dei talebani in Afghanistan prosegue sempre più rapida: dopo aver conquistato giovedì Ghazni - un punto nodale della rete stradale, a 150 km a sud di Kabul - Herat e Kandahar - terza e seconda città del Paese - hanno preso venerdì anche Lashkar Gah e Chaghcharan, capoluoghi delle province di Helmand e Ghor. "Lashkar Gah è stata evacuata. È stato deciso un cessate il fuoco di 48 ore" per permettere a esercito e responsabili civili di partire, ha reso noto un alto responsabile della sicurezza. Sono ormai una quindicina i capoluoghi di provincia finiti nelle mani degli insorti nel giro di una settimana. Delle maggiori città afghane, il Governo del presidente Ashraf Ghani controlla ormai solo Kabul, Mazar-i-Sharif al nord e Jalalabad all'est, al confine con il Pakistan.
12.08.2021 - da Kabul Francesca Mannocchi
RSI Info 13.08.2021, 12:21
"Quello che cambia rispetto agli anni scorsi è la rapidità dell'avanzata", ha sottolineato in collegamento con il TG20 di giovedì la giornalista Francesca Mannocchi, "anche nella parte settentrionale del Paese che storicamente era stata avversa ai talebani". Questo "non significa che la guerra entrerà a Kabul, ma che la capitale una volta accerchiata rischia di essere consegnata". Gli analisti statunitensi fino a pochi giorni prevedevano una caduta in tre mesi, ora già si parla di uno, ma i tempi potrebbero essere anche più rapidi.
L'Afghanistan in aprile
L'inarrestabile offensiva talebana è scattata in maggio, quando il presidente statunitense Joe Biden ha confermato il ritiro delle truppe straniere, che sarà completato entro il 31 agosto, a 20 anni di distanza dall'invasione dopo l'11 settembre. La Casa Bianca non rimpiange ufficialmente questa decisione, ma è certamente sorpresa dalla rapidità con cui la forze afghane - istruite ed equipaggiate spendendo miliardi negli ultimi anni - sono collassate di fronte al nemico, cedendo il passo spesso senza nemmeno combattere.
L'Afghanistan in agosto, con Kandahar ancora contesa e ora caduta
A promuovere il ritiro era stato Donald Trump, ma ciononostante i repubblicani stanno approfittando politicamente della disfatta in atto per attaccare Biden, ritenuto ora responsabile di "immenso disastro, prevedibile, che avrebbe potuto essere evitato", secondo il leader dell'opposizione al Senato, Mitch McConnell.
Gli eventi hanno subito una tale accelerazione che Washington e Berlino hanno ufficialmente invitato, giovedì, i loro cittadini a lasciare il Paese in tempi brevi. Gli Stati Uniti invieranno 3'000 uomini (in aggiunta ai 650 ancora sul posto) e il Regno Unito 600 per garantire la sicurezza dell'aeroporto di Kabul e dell'evacuazione, anche quella degli afghani che hanno lavorato per i contingenti stranieri e rischiano quindi la rappresaglia talebana.
Diplomazia infruttuosa
I ribelli restano intanto sordi agli sforzi diplomatici per trovare una soluzione pacifica. Stando a fonti non confermate ufficialmente, ai talebani sarebbe stata offerta anche una spartizione del potere in cambio di una cessazione delle ostilità, passo che fin qui Ghani aveva sempre rifiutato. Il suo cambio di rotta, ora che è messo alle strette, sembra tardivo: forti dei loro successi militari i talebani non paiono inclini a compromessi e tre giorni di colloqui internazionali a Doha si sono conclusi giovedì senza progressi significativi. Stati Uniti, UE, Cina e Pakistan, in una dichiarazione comune, hanno detto di non essere pronti a riconoscere un nuovo Governo a Kabul se imposto con la forza.
"Ci sono due facce dei talebani oggi", spiega Mannocchi, "una è la faccia dei negoziati, quella dei talebani che hanno negoziato in Qatar gli accordi con la precedente amministrazione statunitense confermati poi da quella attuale, e poi c'è quella militare. Ci sono una divisione netta e una narrazione molto diversa fra chi ha bisogno di rendersi presentabile e chi invece combatte, ma la parte militare oggi, con i successi conseguiti, è dominante e sta mostrando il suo volto più efferato".
Il dramma umanitario
E dietro gli aspetti strategici e diplomatici si nasconde quindi il dramma umanitario: l'ONU stima che quasi 200 civili siano stati uccisi nell'ultimo mese e che da inizio anno 390'000 persone sia state costrette a fuggire dalle loro case a causa del conflitto, un movimento di popolazione accelerato dalla svolta delle ultime settimane. Sono sempre più numerosi quanti trovano rifugio a Kabul, dove sopravvivono senza disporre di alcuna forma di alloggio.
Abitanti in fuga, che arrivati a Kabul vivono nei parchi
"La metà della popolazione, 18 milioni di persone, vive già in una situazione di grave disagio, di bisogno di aiuto umanitario", spiega Mannocchi. "C'è un numero esiguo di persone, parliamo di poche centinaia, che cercano di attraversare l'Iran e raggiungere la Turchia e da lì l'Occidente, ma si tratta di una piccola minoranza, perché gli afghani non possono più permettersi di affrontare in massa un viaggio che li porti in Europa, affidandosi a dei trafficanti. E già la stragrande maggioranza, il 90%, dei profughi afghani delle guerre degli ultimi 40 anni non si è diretto in Occidente ma vive nei Paesi confinanti".
RG 12.30 del 13.08.2021 Le considerazioni di Claudio Bertolotti, direttore di Start Insight, centro studi di Lugano, e analista dell'ISPI di Milano
RSI Info 13.08.2021, 15:15
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L'analisi
"La conquista talebana delle aree distrettuali periferiche e rurali per poi concentrare gli sforzi sui capoluoghi, sulle città, è ciò che ci si aspettava. Quello che ha sorpreso è la velocità", commenta Claudio Bertolotti, direttore di Start Insight, centro studi di Lugano, e analista dell'ISPI di Milano. "Le forze di sicurezza afghane e i rappresentanti del Governo a livello locale hanno di fatto ceduto il terreno e addirittura armi ed equipaggiamenti ai talebani, che man mano che avanzavano hanno imposto non solo una componente militare, ma anche psicologica". La speranza che i signori della guerra locali, come l'Alleanza del nord negli anni '90, possano frenare l'avanzata talebana, "oggi è forse venuta meno, lasciando qualche minima possibilità che in alcune zone possano essere costituite forme di resistenza su base locale". Oggi, secondo Bertolotti, Ashraf Ghani "ormai solo si trova di fronte al grande bivio di dover cedere", ma "non è detto che i talebani abbiano la capacità, oltre che di conquistare, anche di governare. Questo potrebbe lasciare aperta la possibilità di una sopravvivenza almeno nominale dello Stato afghano, così che la comunità internazionale possa interfacciarsi sul piano formale con un soggetto riconosciuto".