Non era ancora cominciato lo spoglio dei voti, con le urne appena chiuse, che nel quartier generale degli Svedesi Democratici era già calato un silenzio carico di delusione. Protagonista assoluto delle campagna elettorale, il partito di destra radicale anti-immigrazione si è fermata sotto la soglia del 20%. Rispetto alle precedenti elezioni ha guadagnato più consensi di tutti, eppure la delusione - di candidati, attivisti e volontari - era palpabile. L’unanimità di politologi e sondaggi avevano previsto uno tsunami politico che avrebbe dovuto spazzare via l’Ancien Régime. I tradizionali partiti hanno sì accusato un sensibile arretramento, ma non di dimensioni catastrofiche.
Elezioni legislative svedesi, il commento di Lorenzo Amuso
RSI Info 10.09.2018, 01:47
Sistema bipolare
Con il voto di domenica la Svezia conferma dunque il suo sistema politico “bipolare”, respingendo la spallata populista. Le due coalizioni - di centro-destra e centro-sinistra - se è vero che restano lontane dalla maggioranza assoluta (175 deputati) nel Riksdag (il Parlamento svedese), rappresentano comunque l’80% circa dell’intero elettorato. Che ha scelto la continuità al cambiamento, uno status quo pur imperfetto alle incognite di una rottura carica di incognite. Perché il voto svedese, al termine di una campagna elettorale mai così feroce e divisiva, aveva infine assunto un significat extra-politico. Un referendum sui valori fondanti della Svezia, intesa come Superpotenza umanitaria, quali l’accoglienza, la tolleranza, l’internazionalismo. Gli Svedesi Democratici avevano sfidato l’identità stessa del paese, mettendola in discussione. Ma dalle urne è emersa una Svezia non ancora disposta a rinnegarsi.
da Stoccolma, Lorenzo Amuso