La difficile ricostruzione di Mosul e Raqqa

Dieci anni dopo la proclamazione del califfato da parte del sedicente Stato Islamico in Siria e Iraq, le due principali città cadute nelle mani dei miliziani dell’ISIS fanno ancora i conti con la ricostruzione.

Raqqa, che fu dichiarata “capitale”, si trova oggi nel territorio autonomo della Siria del Nord Est, controllato dalle Forze Democratiche Siriane a guida curda. Gran parte della popolazione fuggita negli anni di Daesh è tornata in città dopo la liberazione, ma la maggior parte delle famiglie non ha più una casa abitabile né i mezzi per rimetterla a posto.

In Siria il 90% della popolazione continua a vivere al di sotto della soglia di povertà, e il numero degli sfollati interni resta altissimo, a causa del perdurare del conflitto fra i ribelli e le forze governative nell’Ovest del paese, ma anche delle incursioni della Turchia a Nord, in territorio curdo, e di quelle delle ultime sacche di resistenza dell’Isis.

La città, quasi completamente distrutta, ha ripreso a vivere grazie agli interventi pianificati dalla Municipalità e agli aiuti internazionali, ma resta disseminata di tunnel sotterranei che mettono a rischio la stabilità degli edifici, e soprattutto non offre prospettive di lavoro e di futuro per i giovani.

Anche a Mosul la ricostruzione è altrettanto lenta, soprattutto nella città vecchia, e si lavora ancora per completare la messa in sicurezza dell’area dagli ordigni inesplosi.

Seconda città irachena per estensione dopo Baghdad, la ex roccaforte del califfato in Iraq ha perso molti dei suoi abitanti: durante la guerra contro lo Stato Islamico, si stima che abbiano lasciato la propria casa fra i 200’000 e gli 875’000 cittadini, diretti principalmente nel vicino Kurdistan iracheno. Molti non sono ancora tornati, e chi lo ha fatto si scontra con la mancanza di lavoro e le difficoltà quotidiane di una città che cerca comunque un riscatto, dopo aver conosciuto l’isolamento e la paura.