L’aveva promesso, anche se lunedì ha ammesso che gli era stato suggerito di non accennarne durante il discorso di insediamento al Campidoglio, ma la grazia concessa da Donald Trump a coloro che il 6 gennaio 2021 presero d’assalto il Congresso ha stupito e sdegnato. Il neo-insediato presidente ha graziato oltre 1’500 persone: 1’250 rivoltosi già condannati, circa 300 ancora in attesa di giudizio e commutato la pena a 14 ex membri delle milizie armate di estrema destra Proud Boys e Oath Keepers, giudicati colpevoli di sedizione, di aver studiato e organizzato la sommossa violenta.
L'attesa all'esterno del carcere
Il sindacato di polizia che aveva dato il proprio endorsement a Trump nel 2016, nel 2020 e nel 2024 si dice deluso. La critica è di aver liberato 130 detenuti considerati violenti (di cui almeno 70 pericolosamente armati) accusati di aver aggredito oltre 400 agenti durante l’assalto a Capitol Hill. Anche diversi senatori e deputati repubblicani al Congresso si sono detti sorpresi e sgomenti della mossa di Trump (così come delle grazie preventive del predecessore Joe Biden).
Il presidente Trump ha iniziato firmando decreti e grazie
Anche Kim Wehle, nota esperta legale e costituzionalista, è rimasta basita. Ha appena pubblicato “Pardon Power”, il “Potere della grazia, come funziona e perché”. La sua tesi è che dagli anni ‘80 in poi – dalle sei grazie di George Bush per lo scandalo Iran-Contra durante la presidenza Reagan – gli inquilini della Casa Bianca abbiano abusato della loro facoltà di concedere la grazia. Ma il perdono totale accordato da Trump a praticamente tutti i pregiudicati per l’attacco al Congresso la sorprende: “Il messaggio che passa, spiega al Telegiornale RSI, è che coloro che ricorrono alla violenza contro le elezioni non sono ritenuti responsabili. Anzi che è la lealtà verso un uomo che conta, non la Costituzione, non la democrazia; ed è questa è la nuova normalità in America”.
Kim Wehle, esperta legale e costituzionalista
L’uso “distorto” dell’istituto della grazia riguarda tutti i presidenti in ogni tempo… da Abe Lincoln che fece liberare la sorellastra della sua First Lady a Bill Clinton che graziò il fratellastro condannato per spaccio fino ad arrivare a quella di Trump al consuocero o quelle preventive di Joe Biden per tutti i famigliari. La grazia preventiva concessa da Joe Biden ai suoi famigliari non è altrettanto grave? “Biden – spiega Wehle - aveva l’autorità prevista dalla Costituzione per fermare da subito un’indagine su suo figlio. E poi avrebbe potuto fermare la nomina di un procuratore speciale sotto il suo procuratore generale. Ma non l’ha fatto. Credo quindi che questo dimostri che Joe Biden non avesse intenzione di ostacolare lo Stato di diritto”. Ma oltre alla grazia al figlio Hunter, è seguita quella preventiva agli altri famigliari… “Quella di Biden è stata una reazione a una minaccia di uno straordinario abuso di potere da parte del presidente eletto, replica la docente di diritto. Credo sia questa la spiegazione, non tanto il fatto che Joe Biden abbia in qualche modo abusato del suo potere presidenziale”.
Trump e Biden al passaggio di consegne
Si rischia un colpo di spugna su una pagina nera della storia, anche se parte dell’elettorato parrebbe voler voltare pagina citando Gerald Ford… quando nel 1974 graziò Richard Nixon dopo il Watergate. “Non penso - ribatte Wehle - che nessuno creda veramente o possa argomentare che la grazia agli assalitori del 6 gennaio possa essere unificante e curare le divisioni. Anzi è il contrario”. Quali immagina possano essere le conseguenze del gesto di Donald Trump? “La conseguenza di questa grazia potrebbe essere la vendetta, il riscatto, la violenza e nuovi crimini”. Perché? “Perché si fa passare l’idea - conclude l’esperta - che non solo sia giusto, ma anzi si incoraggia a commettere crimini violenti per un candidato politico per poi esserne ricompensati”.
I supporter all'esterno del penitenziario
Intanto, mentre interrogativi e polemiche non si placano, fonte vicine alla Presidenza hanno lasciato trapelare l’intenzione di Donald Trump di invitare alla Casa Bianca alcuni dei rivoltosi del 6 gennaio appena scarcerati.