CONFLITTO IN UCRAINA

La guerra che si combatte sul fronte dell’informazione

Il confronto fra Russia e Occidente, fra oscuramenti, limitazioni e divieti, si consuma anche sul piano dei media

  • 28 giugno, 05:38
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Immagine d'archivio

  • Keystone
Di: Stefano Grazioli

Mosca ha recentemente ordinato l’oscuramento di decine di media occidentali, adottando misure simmetriche a quelle prese in precedenza dall’Unione Europea nei confronti di reti russe. Il Cremlino ha imposto in sostanza limitazioni all’accesso dal territorio russo alle risorse di trasmissione di agenzie, giornali, tv, tra i quali varie testate italiane (RAI, La7, Repubblica e La Stampa), spagnole (Rtve, El Pais, El Mundo, EFE), francesi (Le Monde, Agence France-Presse) e tedesche (Der Spiegel, Die Zeit, FAZ). Nell’elenco non ci sono media della Confederazione. Dall’inizio dell’invasione russa in Ucraina Bruxelles ha sospeso le attività di trasmissione e le licenze di varie testate russe nei paesi dell’Unione, con la motivazione di essere strumenti di propaganda di Mosca per manipolare le informazioni e promuovere la disinformazione, volta alla destabilizzazione degli Stati membri. Tra quelle colpite dal divieto ci sono Russia Today e i canali nazionali statali televisivi, il network Sputnik, agenzie come Ria Novosti e portali internet come Voice of Europe, accusata di reclutare politici europei per diffondere propaganda russa.

Misure simboliche di Mosca e Bruxelles

La guerra dell’informazione è uno dei vari aspetti del conflitto che la Russia e l’Occidente stanno combattendo a tutto campo, partendo dal terreno dell’Ucraina. La propaganda è uno strumento essenziale in tutte le guerre, per indirizzare anche l’opinione pubblica dei rispettivi Paesi, e le mosse e contromosse ordinate dal febbraio del 2022 da Mosca, Bruxelles e anche Kiev si inseriscono in questo quadro. In realtà il livello dell’oscuramento reciproco dei media ha un valore molto più simbolico che sostanziale, nella stragrande maggioranza dei casi. In primo luogo perché è sopravvalutato il potere di influenza concreto che un media straniero possa avere in un altro paese, in secondo perché, sempre molto praticamente, basta installare su qualsiasi dispositivo una VPN (Virtual Private Network) rete privata virtuale che garantisce la protezione dei dati e impedisce la geolocalizzazione, per usufruire di media occidentali in Russia e viceversa. Da questo punto di vista le misure prese da Mosca e da Bruxelles sono consapevolmente inefficaci e rientrano appunto nella lunga lista dei provvedimenti simbolici.

Scambio prigionieri tra Cremlino e Casa Bianca

Diverso è un altro dei livelli, quello che interessa non idealmente le testate, ma i giornalisti che vi lavorano, che possono diventare ostaggi della politica nel contesto dell’inasprimento dei rapporti diplomatici, che va a intaccare ogni settore, da quelli economici a quello appunto dell’informazione. Alla recente espulsione dall’Austria di un giornalista russo dell’agenzia Tass, sospettato di essere una spia, la Russia ha risposto con l’ordine di lasciare il Paese per due giornaliste della ORF, la Radiotelevisione austriaca. Da mesi è in carcere inoltre a Mosca un giornalista statunitense, Evan Gershkovich, accusato di essere uno spione della CIA e attualmente sotto processo, e Alsu Kurmasheva, giornalista di RFERL con doppio passaporto russo e statunitense, è detenuta a Kazan dallo scorso anno. Questi casi, che gli Stati Uniti ritengono politicamente motivati, fanno parte del gioco più ampio che coinvolge non sono i giornalisti, ma i vari soggetti che a differente titolo sono finiti dietro le sbarre sia in Russia, che in Occidente e rientrano poi nelle trattative a largo tra il Cremlino e la Casa Bianca e che comprendono anche lo scambio di prigionieri. Esempio eclatante a guerra in Ucraina già iniziata è quello del dicembre del 2022 tra la cestista statunitense Britney Griner e il mercante d’armi russo Victor Bout.

Giro di vite in Russia e Ucraina

La Russia ha comunque accentuato di molto la pressione interna nel settore dell’informazione, sia nei confronti dei media stranieri, che soprattutto di quelli locali. Il giro di vite, che si era manifestato negli anni passati, a partire soprattutto dal terzo mandato di Vladimir Putin dal 2012 e dall’inizio della prima crisi in Ucraina tra il 2013/2014, è stato maggiore dal febbraio del 2022 con l’invasione su larga scala. In tempo di guerra il controllo dell’informazione è essenziale e la questione, se riguarda maggiormente gli Stati autoritari, non risparmia certo le democrazie. La stessa Ucraina ha compiuto un’involuzione sottolineata anche dagli alleati occidentali e comunque tollerata per ovvie ragioni: dall’oscuramento dei media russi alla chiusura di quelli considerati filorussi, passando per l’istituzione della Telemaratona, ossia l’informazione a reti nazionali unificate controllata dal governo. Per ultimo è stato il New York Times a mettere in dito nella piaga con un articolo intitolato “Un grande passo indietro” in cui si evidenziano le preoccupazioni per la restrizione della libertà di stampa, con i giornalisti che si lamentano delle crescenti restrizioni e pressioni politiche, aggiungendo che le misure vanno oltre le esigenze di sicurezza in tempo di guerra.

L'analisi di Rosalba Castelletti

Telegiornale 24.06.2024, 20:00

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