Passano alla storia come le prime elezioni in cui la presidenza è contesa tra due candidate donne, in un mondo dove le regole continuano a farle gli uomini. La loro scesa non è però un’anomalia, ma piuttosto il risultato di un’evoluzione che sta scuotendo la società messicana.
Claudia Sheinbaum è la vincitrice più probabile, con il 55% dei favori secondo i sondaggi. A 61 anni, è la nipote di immigranti ebrei fuggiti dall’Europa. È stata ballerina, studente attivista, scienziata con un dottorato in ingegneria ambientale e, infine, politica. Ha fatto parte del gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici (IPCC) presso le Nazioni Unite, nel campo dell’energia e dell’industria, che nel 2007 ha vinto il premio Nobel per la pace. In politica è arrivata ad essere eletta sindaca di Città del Messico, un trampolino verso la presidenza. È la favorita del presidente uscente Andrés Manuel López Obrador, che gode di ampia popolarità anche a fine mandato. Nonostante la sua formazione, in particolar mondo in scienze ambientali, si è allineata con il presidente ossessionato con le fonti di energia fossili e le mega infrastrutture. Se da un lato si è guadagnata il favore di chi cerca la continuità, la sua fedeltà è anche il suo punto debole quando è il momento di dimostrare la sua leadership.
Xochitl Galvez è seconda nei sondaggi, con una distanza di oltre 20 punti dalla candidata che ha sfidato. Anche lei ha 61 anni, ma una storia molto diversa alle spalle. È nata in una famiglia povera di origine indigena ed è riuscita a laurearsi grazie a borse di studio. È diventata ingegnera elettronica e poi imprenditrice di successo nel settore high tech. È entrata in politica diventando commissaria nazionale per lo sviluppo dei popoli indigeni e in seguito senatrice. La sua visibilità è cresciuta l’anno scorso a seguito di scontri pubblici con il presidente, che le è valsa la candidatura della coalizione di partiti all’opposizione. Questo è anche il suo punto più debole, per molti elettori è difficile credere a un’alleanza di partiti che sono stati nemici. Ha cercato di capitalizzare sui temi più controversi e di minor successo della presidenza di López Obrador, in particolare la crisi della sicurezza. Ha promesso di sollevare le forze armate dai tanti compiti civili affidati dal presidente, concentrando il loro operato nella lotta al crimine organizzato.
Il Messico rimane un paese dove prevale una cultura machista, influente in ogni settore, dalle aspettative che la donna si occupi di casa e famiglia, alla diseguaglianza nell’accesso alla forza lavoro, fino alla dilagante violenza. Si stima, infatti, che in media ogni giorno in Messico si commettano 10 femminicidi.
Ma questi stessi motivi hanno ispirato continue proteste femministe di massa, che hanno anche assunto una forza politica. López Obrador ha cercato di screditare il movimento, incapace di confrontarsi con temi lontani dalla sua ideologia patriarcale. Ma, da esperto politico, non gli è sfuggita la crescente importanza di un movimento che si traduce in voti, e in molti vedono la scelta di una candidata donna proprio per attirare le generazioni più sensibili a questi temi. L’opposizione ha fatto lo stesso con Xochitl Galvez.
L’ascesa delle donne in Messico è anche il risultato di una serie di riforme elettorali e di cause portate in tribunale, che hanno man mano obbligato i partiti a raggiungere la parità tra i candidati. Un diritto che è entrato a far parte della Costituzione nel 2014.
È interessante però notare che nessuna delle due candidate ha scelto di identificarsi come femminista, evitando così di alienare un elettorato conservatore e ancora maggioritario.
RG 12.30 del 02.06.2024 - Il servizio di Laura Daverio
RSI Info 02.06.2024, 12:37
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