“Benvenuta nella Piazza del Mondo”. Mi accoglie così Anita, infermiera, una delle volontarie attive in Piazza della Libertà a Trieste. Guardandomi intorno capisco: è una babele di volti, lingue e di mondi altri. Sono soprattutto afgani e pachistani. Sono una cinquantina. Sono tutti uomini, giovani, forse giovanissimi, ma è difficile indovinare l’età: effetto collaterale della rotta balcanica, tanto faticosa quanto pericolosa, che molti di loro hanno percorso interamente a piedi, fuggendo da polizia, guardie di confine, dalle violenze e dai respingimenti. Ogni sera dopo le 17.30 i volontari di diverse ONG triestine vengono in Piazza della Libertà per assistere e aiutare chi arriva dalla Balkanroute. “La rotta balcanica finisce in questa piazza” mi dice Sarif, mediatore culturale di origine pachistana. Anita e le sue colleghe controllano gole, curano piedi feriti, distribuiscono medicine. Qui si distribuiscono vestiti, cibo e si fa consulenza legale per spiegare i loro diritti, tempi e modalità della richiesta di asilo, cosa comporta lasciare le impronte.
SEIDISERA del 18.12.2022 - Rotte e cifre - La diretta di Anna Valenti
RSI Info 21.12.2022, 16:09
L’odore della Balkanroute
Intravvedo quattro sagome in arrivo. I nuovi arrivati dalla rotta balcanica li distingui subito: dall’odore. La Balkanroute sa di notti passate all’addiaccio, di bosco umido misto a fango, di scarpe bagnate-asciugate-poi bagnate di nuovo. Di sudore vecchio misto a nuovo. Sono quattro ragazzi afgani. Sono esausti. Mi fanno il gesto della vittoria con le dita. Lo sguardo si accende davanti a un pasto caldo. Ma per la doccia occorre aspettare domani, quando aprirà il centro diurno di Via Udine. Stasera si dorme ancora per strada, al Silos, edificio diroccato senza tetto, disseminato di rifiuti e degrado. Poco dopo in Piazza arriva una famiglia curda: tre adulti, tre bambini, di cui un neonato…e un bimbo in arrivo. Per loro c’è posto in una struttura. Il sistema di accoglienza di Trieste è saturo, affermano le autorità cittadine. Il Ministero dell’Interno non procede abbastanza velocemente con i ricollocamenti, il prefetto non riesce a trovare nuovi posti (malgrado la legge glielo imponga), la città resta immobile, non si capisce se per impossibilità vera di risolvere la situazione o per mero calcolo politico, come accusano le ONG. E nello scaricabarile generale, fatto sta che da luglio circa 300 persone al giorno dormono in Piazza e non hanno un alloggio sicuro.
La rotta più attiva. Flussi in aumento
L’agenzia europea del controllo confini Frontex afferma che da gennaio a novembre sono 139'000 gli attraversamenti illeciti registrati per entrare nell’UE, il triplo del 2019. La rotta balcanica è quella più attiva. Ma non sappiamo le singole realtà. Infatti, non sappiamo quanti migranti siano entrati in Italia da Trieste. Non ci sono statistiche, al contrario delle entrate via mare che godono di bollettini giornalieri e grande risalto mediatico. Ma i flussi sono in aumento anche a Trieste. La scorsa settimana, il Ministero degli Interni ha parlato di aumento dei flussi del 57% ma senza citare numeri. E questo perché Trieste è una città di transito: significa che l’80% dei migranti non resta ma prosegue il viaggio verso Francia, Germania, Inghilterra. Le ONG di primo soccorso a Trieste hanno assistito oltre 10'000 persone quest’anno, ma si stima che siano almeno il doppio quelle transitate. Trieste per i migranti è la porta d’entrata d’Europa, ma solo per pochissimi è una meta definitiva. L’80% di loro fa solo un piccolo pit-stop, il tempo di capire come continuare il viaggio, ricaricare il cellulare e andare via.
Prossima Fermata: Oulx
Oulx, Alta Val di Susa, 80 km da Torino, vicinissima al confine con la Francia. È qui che molti migranti diretti in Francia, Germania e Nord Europa decidono di tentare la traversata. Ventimiglia è sigillata. A Oulx c’è la neve, occorre camminare lungo la montagna, ma ci sono più chances…malgrado la Gendarmeria francese usi persino i visori notturni per fermare i migranti e respingerli in Italia.
Il rifugio fraternità Massi
Incontro Akil alla stazione di Oulx, è arrivato con l’ultimo treno. Ha lo sguardo perso, batte i denti: non ha guanti, la giacca è troppo leggera, così come le scarpe. Gli chiedo se vuole passare il confine, mi dice di sì. “Sai che stanotte nevicherà? Sai dove andare?”. “No”. È della Guinea, è arrivato cinque giorni fa via mare dalla Tunisia, ha 16 anni. Lo accompagno al rifugio Fraternità Massi, aperto da Don Luigi nel 2018 dopo l’ennesimo corpo privo di vita ritrovato in primavera. Come Piazza Libertà a Trieste, anche il Rifugio è una tappa inserita nel percorso dei migranti. Qui possono mangiare, dormire due notti, soprattutto li riforniscono di vestiti caldi e adatti per la traversata. Sono oltre 15'000 i passaggi registrati da Don Luigi nel 2022. Una media di 50 persone ogni giorno. In aumento rispetto allo scorso anno. Siriani, afgani, africani, magrebini, maschi soli, donne, ma anche tante famiglie e minori accompagnati. Nelle ultime settimane, chi non riesce a passare, tenta la via di Chiasso.
Le rotte dei migranti in Alta Val di Susa
I servizi 20.12.2022, 19:30
Alla fine, ce la fanno tutti
Non sappiamo quanti dei 15'000 migranti passati dal rifugio siano riusciti a passare dall’altra parte. Ma i volontari di Trieste e Oulx, così come Don Luigi e altri esperti di migrazione, mi ripetono: “Alla fine ci riescono tutti. Magari dopo 10 tentativi, ma alla fine ce la fanno”, riescono a superare il confine e arrivare dove si erano prefissi. Entrate silenziose e quasi invisibili, rotte terrestri che paradossalmente sembrano non lasciare tracce.