Qualcuno in Russia "ha vissuto come un affronto" quanto accaduto al ponte di Kerch, ma "si è reso conto di non avere una risposta militare adeguata per imporre un danno corrispondente": così Orio Giorgio Stirpe, colonnello in congedo dell'esercito italiano e analista militare, legge l'attacco missilistico che lunedì ha bersagliato diverse città ucraine, a partire dalla capitale Kiev, prendendo di mira strutture energetiche e anche aree del centro.
La vendetta di Putin su tutta l'Ucraina
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Secondo l'esperto, a questo scopo "sono stati sprecati missili che sarebbero stati più utili" in altro modo, anche perché è stato utilizzato "un munizionamento a lunga gittata, più costoso di quello a media gittata" di cui Mosca potrebbe quindi essere a corto. Se da un lato il Cremlino "è obbligato a rilanciare per la difesa del suo prestigio militare", "la pioggia di missili non può durare perché prosciugherebbe la riserve".
Forza congiunta Russia-Bielorussia
Telegiornale 10.10.2022, 22:00
Stirpe non crede inoltre, a dispetto delle parole pronunciate dal presidente Alexander Lukashenko, che l'esercito bielorusso possa scendere in campo. Questo perché "in massima parte di leva" e quindi poco motivato a combattere in Ucraina.
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Capire se le affermazioni di Minsk siano "propaganda, dichiarazioni tattiche o meno è sempre difficile", afferma dal canto suo Giorgio Cella, docente di scienze politiche all'Università cattolica di Milano e autore di "Storia e geopolitica della crisi ucraina". Il messaggio che Mosca ha voluto trasmettere, afferma, è chiaro: "Se viene toccato il nostro territorio sovrano, e il ponte di Kerch lo è nella prospettiva russa, risponderemo in maniera molto forte".
A suo avviso, "potremmo trovarci di fronte a una nuova escalation" e molto dipenderà dalle risposte. "Nell'ultimo periodo", spiega, "abbiamo visto un po' di correzione in corso d'opera da parte degli Stati Uniti, senza mettere in discussione il sostegno agli ucraini ma cercando di mantenere un certo tipo di equilibrio nella risposta che questi ultimi stanno dando alla Russia".
Potrebbe essere che "alcune capitali che contano si adoperino per misure che portino a un cessate il fuoco". Cella cita la Turchia e Israele, ma soprattutto Washington perché "ai russi interessa parlare quasi alla pari con gli Stati Uniti.