"I giorni sono contati per le multinazionali che ottimizzano la loro imposizione fiscale a danno di altri, tutte le imprese devono pagare le tasse dove realizzano i loro utili", parola del commissario europeo agli affari economici Pierre Moscovici, che ha presentato oggi (giovedì) l'offensiva dell'UE contro quelle società che dichiarano in paesi dalle aliquote più basse anche i guadagni conseguiti altrove.
Essa si compone di due direttive, la prima delle quali si iscrive nella scia dell'accordo dell'OCSE battezzato BEPS, acronimo per l'espressione inglese Base Erosion and Profit Shifting. Questo piano preconizza in particolare lo scambio di informazioni fiscali fra Stati, che permetterà di abbracciare l'attività internazionale delle aziende. Una trentina di paesi, fra cui Svizzera, Gran Bretagna, Liechtenstein e Lussemburgo, ma non gli Stati Uniti, ha firmato un'intesa in tal senso mercoledì. La seconda direttiva tende a impedire pratiche "defiscalizzanti" come i prestiti all'interno di gruppi, sfruttendo differenze fra legislazioni nazionali.
Il progetto presentato da Moscovici, che conta sull'appoggio del Parlamento europeo, necessita dell'approvazione di tutti i Ventotto e coincide con le discussioni fra Google e diverse capitali: il colosso del web ha accettato di pagare l'equivalente di 188 milioni di franchi in Gran Bretagna (somma giudicata ridicola dall'opposizione laburista, visti i profitti conseguiti) ed è ora nel mirino dell'agenzia delle entrate italiane. Roma chiede 227 milioni di euro di arretrati e di recente ha già ottenuto 318 milioni da Apple. Anche Parigi sembra decisa a muoversi.
pon/AFP/ATS