“Si pensa sempre che la discriminazione razziale si manifesti solo in certi ambiti, nei quartieri meno abbienti, nelle classi più disagiate. Mentre l’esperienza che ho fatto qui in America è quella di un sospetto generalizzato, una costante disparità, che permea tutti gli aspetti della vita e anche chi come la mia famiglia, può ritenersi benestante non ne è al riparo”.
Cristina Lombardi Diop non nasconde l’amarezza e la preoccupazione. Lei è italiana ed ha fatto carriera accademica negli Stati Uniti. Insegna alla Loyola University di Chicago e insieme al marito senegalese, conosciuto in università a New York negli Anni Novanta, ha cresciuto i suoi due figli a Evanston, insospettabile cittadina liberal e bianca. Eppure “sin da quando erano piccoli, - confida - se indossavano la felpa col cappuccio, i miei figli venivano regolarmente seguiti da una volante della polizia”.
Educazione ad hoc
E così da madre bianca di due ragazzini neri ha dovuto insegnare loro come proteggersi dalla polizia. “Nel 2012, dopo la morte di Trayvon Martin - racconta -, ho dovuto insegnare ai miei figli come comportarsi in situazioni quotidiane normalissime… quando si cammina per strada dopo le sei, che non bisogna mai indossare una felpa col cappuccio, che bisogna sempre farsi vedere e mai muovere le mani rapidamente se si viene avvicinati da una volante…”. Una notte il suo figlio minore, 15enne, è stato fermato da una volante e portato in commissariato senza alcun motivo. “Nessuna denuncia, ricorda Cristina, ma mio figlio è rimasto terrorizzato”.
Opportunità scolastiche
Una criminalizzazione generalizzata aprioristica da pare delle forze dell’ordine, un pregiudizio strisciante tra gli insegnante e i compagni di scuola: “Una counsellor, un’orientatrice scolastica continuava a raccomandare a mio figlio più grane (che quale parla quattro lingue e andava benissimo a scuola) di non pensare di poter entrare ad Harvard perché lui poteva avere una carriera nello sport… enfatizzando unicamente la sua fisicità invece dell’intelligenza”))
Una discriminazione sottile e diffusa che ha provocato una scelta sofferta. Laureato in International Business il figlio maggiore oggi lavora in Spagna, a Barcellona, ma la decisione di trasferirsi è stata dettata dal clima respirato negli Stati Uniti: “Mamma, non ce la faccio più a sostenere questa tensione”, chiosa triste la madre.
Segregazione urbana
Il razzismo è un’ideologia che si evince anche dal tessuto urbano. “Ci sono delle linee invisibili, ci dice, la storia della segregazione disegna le città. Ricordo ancora il viso dei vicini quando videro arrivare a Chicago noi famiglia mista. Ricordo la sorpresa di alcuni inquilini afroamericani che non erano mai riusciti ad acquistare una casa che noi potemmo comprare non appena arrivati. Mi sono sentita male di fronte a questo mio privilegio”.
Un lungo cammino
Cristina Lombardi Diop è un’accademica, un’osservatrice di quanto avviene negli USA ed ammette che l’unica possibilità sarebbe “un recupero della memoria, la capacità di confrontarsi con la storia come è avvenuto nel Sud Africa di Mandela. Senza smettere di lavorare sulle diseguaglianze sociali ed economico, perché altrimenti il processo culturale in atto non potrebbe cambiare”. Anche per questo – sebbene confessi di essere sovente in preda al disincanto e alla delusione – Cristina e suo figlio è scesa in strada a manifestare. A testimoniare, lei bianca, quanto le vite dei neri contino.