Crea tensioni su tutti i fronti la nuova politica migratoria di Trump: conflitti tra poteri, cause legali contro la Casa Bianca, proteste di piazza, critiche da Barack Obama e dalle grandi corporation americane. Sembrerebbe impossibile da difendere. Per Mark Krikorian, direttore esecutivo del Centro per gli studi sull’immigrazione di Washington, è invece un provvedimento necessario per rivedere le attuali procedure di controllo. In questa intervista alla RSI, dice che bloccare per tre mesi l’arrivo di cittadini da sette paesi a maggioranza musulmana – tra cui Siria e Iraq - , sospendere il programma per i rifugiati da qualsiasi paese per 120 giorni e chiudere per sempre le porte ai siriani in fuga dalla guerra è una decisione “meno radicale di quanto ci si potesse aspettare dalle promesse elettorali di Trump”. Ecco l’intervista integrale realizzata dal corrispondente a Washington Emiliano Bos.
Lei è d’accordo col principio dell’ordine di Trump? Per garantire sicurezza bisogna chiudere le frontiere in base a nazionalità e appartenenza religiosa?
Non come politica permanente. Ma questa non lo è. È una pausa di 90 giorni per sette paesi coinvolti nel terrorismo. E di quattro mesi per i rifugiati da qualsiasi paese. Serve per valutare la necessità di modificare i controlli. Comunque è un provvedimento prudente, moderato e meno radicale di quanto ci si aspettasse dalle promesse elettorali di Trump. Si applica solo al 10% dei musulmani. Non si può definire un “divieto anti-musulmani”.
Il termine “divieto” l’ha usato lo stesso presidente Trump in uno dei suoi tanti tweet. E comunque si basa su una discriminazione religiosa…
Primo, non tutti i musulmani naturalmente vedono con favore l’ISIS. Ma tutti nell’ISIS sono musulmani….Certo, quando ci si concentra…
La interrompo. Su quale base lei può affermarlo?
Non ci sono “non-musulmani” nell’ISIS, per definizione. Non ho detto arabi, ho detto musulmani. Possono essere musulmani dai Balcani, dalla Cina. Non tutti i musulmani sono terroristi. Ma tutti i terroristi islamici sono musulmani. Ecco perché c’è una lista dei sette paesi problematici, che sono a stragrande maggioranza musulmani.
Però le statistiche dicono che dopo l’11 settembre 2001, nessun americano è stato ucciso in attacchi terroristici compiuti qui, negli Stati Uniti, da persone provenienti da questi sette paesi. Forse anche per questo le proteste sono cosi trasversali. Perché viene percepito come un bando anti-musulmani o anti-immigrati?
Perché è Trump. Si oppongono perché odiano Trump. È solo un’occasione per protestare contro di lui. Quando nelle prossime ore nominerà il giudice della Corte Suprema, le stesse persone gireranno i cartelli dall’altro lato e scriveranno qualcos’altro, e ci saranno nuove proteste contro il giudice appena nominato…
Guardi che io su quei cartelli non ho letto molti slogan o offese contro il presidente. Sono soprattutto prese di posizione contro la discriminazione su base razziale o religiosa, insomma una difesa di quelli che molti considerano i valori fondanti dell’America. Lei non crede?
No…o meglio, diciamo cosi.. L’opposizione a Trump e l’interpretazione dei valori dell’America sono correlate…il punto è che Trump ha sfidato questa prospettiva post-nazionale delle frontiere. È lo stesso che accade in Europa: nazionalismo contro globalismo. La gente che protesta sono i sostenitori del globalismo. Quando dicono “benvenuti rifugiati”, è in parte il loro modo per opporsi a Trump.
Lei è un esperto di immigrazione. Mi sta dicendo che è giusto discriminare le persone in base alla loro provenienza geografica o alla loro religione?
Siamo autorizzati a farlo? Si. Per i residenti permanenti con la “green card” tenuti fuori dagli Stati Uniti c’è stato un chiarimento. Vengono interrogati al ritorno dai quei paesi e quindi per loro non è vietato, non sono immigrati. Invece il bando dei prossimi 90 giorni per i turisti…
La devo interrompere ancora. Non sono solo i turisti a essere tenuti fuori dagli Stati Uniti. Ma anche docenti universitari, ricercatori, sportivi, artisti, imprenditori, e poi semplici cittadini. Le pare normale o accettabile che per tre mesi si fermi tutto perché lo ha deciso Trump?
Certo!... Anche se questo senza dubbio creerà disagio a qualcuno. Nessuno ha il diritto di venire qui. Lo decidiamo noi. Il provvedimento è un po’ duro, sono d’accordo. Ma è ciò che si ottiene quando per almeno due amministrazioni non si risponde alle preoccupazione della gente per queste minacce, che sono vere. Ecco perché oggi abbiamo Donald Trump, la Brexit, Marine Le Pen. Non è una coincidenza. E non perché Trump sia magnifico, meraviglioso o capace di attirare la gente…
E allora perché?
Trump è un gigantesco dito medio della gente comune contro le nostre élite di governo. Ci saranno politiche dure. Avrei preferito se avessimo affrontato certe questioni diversamente e prima, in modo più sfumato e controllato. Non l’abbiamo fatto. Questo è il risultato.
RG 12.30 del 31.01.2017: Mark Krikòrian, direttore del Centro per gli studi sull’immigrazione di Washington, favorevole al decreto sull'immigrazione di Donald Trump, intervistato da Emiliano Bos
RSI Info 31.01.2017, 13:27
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