Nel secondo dopoguerra i laburisti hanno vinto solo quattro elezioni generali nel Regno Unito. C’era riuscito, da ultimo, Tony Blair nel 1997. Un trionfo schiacciante che pose definitivamente fine al thatcherismo. Se i sondaggi non si riveleranno clamorosamente sbagliati, dalle urne del 4 luglio Keir Starmer riceverà il mandato per formare il prossimo governo. Dopo 14 anni di esecutivi di marca conservatrice, l’ex avvocato dei diritti civili è destinato a diventare il secondo leader laburista degli ultimi 50 anni ad ottenere la maggioranza a Westminster.
L’ascesa di Starmer
Un exploit che in pochi avrebbero potuto prevedere quando Starmer, quattro anni fa, era subentrato all’ex leader, Jeremy Corbyn, esponente di spicco dell’ala più radicale dei Labour. All’epoca i laburisti, staccati costantemente oltre 20 punti percentuali dai Tories in tutte le rilevazioni, sembravano più un movimento di protesta che un’alternativa di governo. Costretti anche dall’emergenza Covid, ad un ruolo di opposizione marginale.
Implosione Tories
Ci hanno pensato, però, gli stessi Tories a rilanciarne le ambizioni, lasciandosi travolgere da scandali, malgoverno, lotte intestine. Peccati (forse) inevitabili, dopo un periodo così lungo al potere. Prima Boris Johnson, quindi Liz Truss hanno compromesso la fiducia nel partito, che neppure l’attuale Premier Rishi Sunak ha saputo ristabilire. Ai Labour è così bastato scegliere, come slogan elettorale, la parola “Change” (cambiamento) per ribaltare la narrazione politica sull’isola. Senza promesse stratosferiche, né ricette miracolose. Da una parte la crisi di rigetto verso i conservatori, dall’altra la voglia di stabilità e normalizzazione – dopo quattro Premier in meno di cinque anni – hanno spinto Starmer sulla soglia di Downing Street.
La differenza con Blair
Ma rispetto al suo predecessore Blair, volto sorridente del New Labour, Starmer dovrà fare i conti con la crisi economica che inevitabilmente finirà per condizionarne l’agenda politica. Se Blair, favorito da una congiuntura favorevole, aveva cavalcato il brand della Global Britain, sull’isola oggi si addensa una cappa di incertezza e malessere sociale, all’origine anche del successo di Reform, il nuovo partito di Mr Brexit, Nigel Farage. Una formazione di estrema destra che potrebbe persino superare i Tories, per diventare il primo partito d’opposizione. Un risultato ancor più clamoroso della (ormai) annunciata disfatta storica dei conservatori.
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