L'ex presidente catalano Carles Puigdemont ha trascorso la sua prima notte in carcere, dopo l'arresto di ieri, domenica, in Germania, a pochi chilometri dal confine con la Danimarca. Dalla Finlandia stava rientrando in Belgio, paese dove si è rifugiato dopo essere stato incriminato dalla giustizia spagnola per il progetto politico sfociato nel referendum e nella proclamazione dell'indipendenza della regione. L'arresto è avvenuto in base ad un mandato di arresto internazionale spiccato da Madrid. Fra i vari reati di cui il leader indipendentista è accusato vi è anche quello di ribellione, che prevede fino a 30 anni di carcere. Le leggi tedesche sono diverse da quelle belghe e ora Puigdemont rischia l'estradizione: cosa comporta questo per la questione catalana? Lo abbiamo chiesto a Enrìc Juliana, direttore del quotidiano di Barcellona La Vanguardia:
"Dal punto di vista giuridico, bisogna aspettare per capire meglio: Puigdemont potrebbe essere estradato per tutti i reati di cui viene accusato in Spagna, oppure soltanto per una parte. Dal punto di vista politico, l’arresto è importante perché Puigdemont in Belgio era riuscito a creare una piattaforma politico-mediatica notevole e tutto questo ora sparisce."
Diversi giuristi catalani affermano in un documento che non si può imputare a Puigdemont il reato di ribellione perché non c'è stata violenza. Lei è d'accordo?
"Questa è la parte più discutibile di tutta questa vicenda. Il giudice della Corte Suprema Pablo Llarena tenta di costruire una narrazione su quanto è successo in Catalogna, spiegando che secondo lui la violenza è stata indotta dai nazionalisti catalani. È questa la parte più discutibile perché nessuno ha visto momenti di violenza in Catalogna, a Barcellona, provocati dalla folla. In tante manifestazioni di tantissima gente in tanti anni non si è neppure rotto un vetro."
Comunque anche senza questo reato le accuse contro Puigdemont basterebbero a impedirgli di ripresentarsi come presidente della regione e a portarlo in tribunale.
"Certo gli vengono imputati altri reati. Ma quello di ribellione è particolarmente grave dal punto di vista penale."
La Spagna secondo lei sta esagerando nel punire gli indipendentisti catalani - non solo Puigdemont, ma anche tutti quelli che sono in prigione ancora prima del processo?
"Questa è la mia impressione! Lo penso! Ci troviamo di fronte a un problema: gli indipendentisti catalani hanno sbagliato seriamente: hanno sottovalutato lo Stato spagnolo, hanno sottovalutato il ruolo reale dell’Unione europea, hanno creduto alla fine alla loro stessa propaganda - una cosa che in politica finisce sempre male. E questo è il primo punto. Il secondo: adesso ci troviamo forse di fronte a un'altra situazione sbagliata: il tentativo di rivincita da parte dello Stato spagnolo e soprattutto della magistratura spagnola. E il problema politico rimane."
Nel frattempo appunto rimane il problema politico. In attesa che venga eletto un nuovo presidente della regione senza condanne o procedimenti giudiziari in corso, la Catalogna viene gestita da Madrid: proprio il contrario di quanto i separatisti volevano! Non sembrano però aver fretta di uscire da questa situazione.
"Il blocco indipendentista è spaccato. È formato da quattro gruppi: l’estrema sinistra (CUP), l’Esquerra Republicana (ERC) e poi il vecchio partito indipendentista che si è diviso in due. In totale hanno 70 deputati, che è la maggioranza assoluta. Però hanno molte difficoltà in questo momento nel mettersi d'accordo. Hanno due mesi di tempo per eleggere il presidente, altrimenti si torna alle urne. Credo che lo faranno. Si apre ora la possibilità che altri partiti che non sono indipendentisti ma che condividono alcuni punti del programma sovranista - per esempio il gruppo cosiddetto Catalogna in comune, che è il braccio catalano di Podemos, e che ha otto deputati nel Parlamento Catalano - potrebbero avvicinarsi alla maggioranza indipendentista se adotta un programma più lento, più morbido e soprattutto che instaura di nuovo l'autonomia. Una parte degli indipendentisti potrebbe trovare alleati nella sinistra catalana: anche nell'area socialista, non è impossibile. Però sulla base di un atteggiamento diverso e sulla rinuncia a tentare di spaccare la Spagna domani."
Lucia Mottini