Un cittadino canadese residente a Ginevra che spiava la Corea del Nord per conto della Cina - o perlomeno sarebbe questa l’accusa nei suoi confronti - è stato arrestato nei mesi scorsi in Svizzera e si trova in un carcere elvetico non meglio precisato. A portare alla luce la “spy story” in piena regola - per altro fra due capitali, almeno sulla carta, amiche come Pechino e Pyongyang - è stata un’inchiesta giornalistica internazionale.
Il sito North Korea News chiama la spia Craig, nome di fantasia. Ex diplomatico impiegato alla sede dell’ONU in riva al Lemano, divenuto poi consulente ambientale indipendente che viaggiava spesso in Estremo Oriente, era sparito dalla circolazione fra marzo e aprile. Nemmeno la moglie ne aveva più notizie da mesi. Ora i reporter autori dell’inchiesta lo piazzano dietro le sbarre.
L’intelligence svizzera teneva d’occhio dal 2021 una diplomatica cinese sospettata di far parte dei servizi segreti del suo Paese e aveva notato diversi incontri fra i due, con passaggi di documenti e forse anche un pagamento. Il Tribunale federale aveva approvato il ricorso anche a mezzi di sorveglianza speciali. A un certo punto è scattato l’arresto per spionaggio, caso raro in Svizzera, visto che l’ultimo risalirebbe agli anni ‘80 quando un agente del Mossad israeliano venne catturato a Berna e in seguito anche condannato. In genere, infatti, le spie appartengono al personale diplomatico e dispongono dell’immunità. Se scoperte, invece di finire in carcere lasciano semplicemente il Paese.
Il Ministero pubblico della Confederazione ha aperto un procedimento penale, ma le autorità svizzere non si sbottonano sul caso, perché l’inchiesta è ancora in corso.