Circa 20’000 dipendenti in sciopero del gigante dell’automobile Stellantis hanno manifestato venerdì al suono di tamburi e fischietti nelle strade di Roma, per condannare il “disimpegno” del principale fabbricante della Penisola, bene illustrato da una produzione in caduta libera. Altre 300 persone sono scese in strada a Torino. I sindacati hanno proclamato un’astensione dal lavoro di 24 ore, “storica perché non ce ne è stata una simile da oltre 40 anni”.
Auto, la crisi di Stellantis a Torino
Telegiornale 18.10.2024, 20:00
Nato nel 2021 dalla fusione di Fiat con Chrysler nel 2014 e in seguito con Peugeot-Citroën, dopo tre anni di crescita Stellantis nell’anno in corso ha prodotto 387’600 veicoli nei primi nove mesi, -31,7% rispetto al 2023. Si potrebbe non arrivare a mezzo milione entro fine esercizio, il dato più basso dal 1956. Il CEO Carlos Tavares si era impegnato con il Governo Meloni nel luglio dello scorso anno a raggiungere il traguardo di un milione di auto nel 2030, obiettivo che pare ora decisamente fuori portata.
I dipendenti si trovano in una situazione di totale incertezza: “Lavoro solo due giorni alla settimana”, ha detto un manifestante venuto dalla provincia di Bari, ma c’è chi è messo anche peggio. Sui media italiani si susseguono i racconti di operai che hanno trascorso in cassa integrazione anche metà della loro carriera e che negli ultimi mesi non si sono recati al lavoro che in poche occasioni.
Fra le origini della crisi ci sono le difficoltà dei modelli elettrici in tutta Europa. Così la fabbrica della Fiat 500 a batteria, a Mirafiori, è stata fermata a metà settembre e non riaprirà fino a inizio novembre.
In audizione parlamentare pochi giorni fa, Tavares ha chiesto nuovi aiuti statali, ma le autorità accusano il gruppo di delocalizzare la produzione all’estero per ridurre i costi. Dal 2021 gli effettivi in Italia sono stati ridotti di circa 10’000 unità, fino alle 40’000 attuali. In Francia la situazione non è molto migliore, i casi di disoccupazione parziale a Poissy, Douvrin e Caen si sono moltiplicati quest’anno. E Tavares al Salone di Parigi non è stato certo rassicurante, rifiutandosi di escludere che degli stabilimenti possano chiudere definitivamente le porte. Intanto, dall’11 novembre si fermeranno provvisoriamente quelli di Pomigliano D’Arco, Termoli e Pratola Serra.