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Sudan, la ripresa di Khartoum: “Non si vede la fine”

Da due anni è in atto un conflitto tra due generali che ha causato una crisi umanitaria enorme - L’analista Alan Boswell raffredda le speranze su una conclusione imminente

  • 28 marzo, 18:47
  • 28 marzo, 19:34
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La popolazione accoglie i soldati in arrivo nella capitale

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Di: SEIDISERA/Savi/Spi 

La presa del controllo di Khartoum può segnare una svolta nel conflitto che sta devastando il Sudan. Dopo settimane di combattimenti i soldati dell’esercito guidato dal generale Fattah al-Burhan hanno annunciato venerdì di controllare la capitale strappata al fronte avverso delle RSF, ovvero le Forze di intervento rapido, un gruppo paramilitare con a capo un altro generale, Mohamed Hamdan Dagalo.

Dal 2023 i due generali con i rispettivi gruppi armati, uno regolare, l’altro paramilitare, si stanno facendo la guerra per il controllo del Sudan, nazione ricca di riserve di oro e di altri minerali preziosi. Il conflitto vede coinvolte milizie di altri paesi che appoggiano l’uno o l’altro schieramento. A farne le spese sono i civili con una crisi umanitaria enorme e quasi 13 milioni di sfollati. Poco meno di 4 milioni di sudanesi sono fuggiti negli Stati confinanti. Chi è rimasto è in balia di fame e violenza.

Quello odierno, conferma alla RSI Alan Boswell, analista della regione per il centro di studi Crisis Group, “è il principale punto di svolta a cui abbiamo finora assistito in questa guerra. Il conflitto è iniziato proprio per la ripresa del controllo della capitale. I combattimenti più intensi si sono sempre concentrati a Khartoum e il principale obiettivo militare dell’esercito sudanese in questa guerra è stato quello di riprendere la città”. L’esperto non ritiene tuttavia che questo basterà da solo a porre fine al conflitto.

La riconquista sorprende comunque perché l’esercito sudanese è apparso in forte difficoltà negli scorsi mesi. “Ci sono più risposte - dice l’analista a SEIDISERA -. L’RSF, le forze paramilitari di supporto rapido, che hanno conquistato la maggior parte della capitale nei primi giorni della guerra e che ora controllano la maggior parte del Sudan occidentale, provengono da una piccola parte della popolazione sudanese. La maggior parte della sua base è costituita da una piccola tribù che si trova nella parte occidentale del Sudan. Quindi l’esercito sudanese, anche se ha perso molte posizioni all’inizio del conflitto, è stato in grado di costruire una coalizione politica più ampia”.

Ciò, continua Alan Boswell, “porrà alcuni problemi in futuro. Perché ora, anche se stanno riconquistando il territorio, si affidano fondamentalmente ad altri gruppi armati più piccoli per farlo”. Entrambi i fronti ricevono supporto da altri paesi. Le forze paramilitari di supporto rapido sono in grado di riorganizzarsi. “È noto che gli Emirati Arabi Uniti sono il principale patrocinatore delle forze di supporto rapido. Sull’altro fronte l’Egitto, il Qatar, la Turchia, l’Iran, la Russia, la Cina e in parte anche l’Arabia Saudita sostengono l’esercito sudanese. Quindi questa è diventata una guerra regionale”.

Una svolta, si diceva, ma con tante incognite: “Le forze di supporto rapido potrebbero riorganizzarsi nella parte occidentale del Paese. Non c’è motivo di pensare che il loro sostegno esterno non continuerà. Ecco perché non vediamo la fine della guerra, che non può esaurirsi per conto suo. Anzi, potrebbe addirittura intensificarsi ulteriormente”, conclude l’analista.

03:44

Il Sudan secondo l'analista del centro di studi Crisis group

SEIDISERA 28.03.2025, 18:00

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