Aveva indetto queste elezioni anticipate, dopo nove mesi di smentite, per garantire “certezza e stabilità” alla vigilia dei negoziati con Bruxelles. L’azzardo di Theresa May si è rivelata una scommessa clamorosamente fallita: alla chiusura delle urne Westminster appare un Parlamento senza maggioranza. “Hung Parliament”: questo l’esito sorprendente degli exit-poll del dopo-voto, che nel Regno Unito possono contare su una lunga e affidabile tradizione iniziata ormai 40 anni fa.
Campagne opposte
Solo sei settimane, quando iniziava la campagna elettorale, la Premier era accreditata di un vantaggio oceanico sui laburisti, addirittura 20 punti percentuali che significavano una maggioranza di 100 deputati. I Labour parevano condannati alla peggiore sconfitta degli ultimi 20 anni, Jeremy Corbyn sprofondava in qualsiasi classifica di gradimento. Ma le opposte campagna elettorali, condotte dai due principali leader, hanno sparigliato non solo qualsiasi previsione ma anche il buon senso. May, elusiva con i media e ripetitiva nei suoi ritornelli automatici, inanellava gaffe e giravolte, incapace di connettersi con il paese. Di contro Corbyn, nonostante diverse scelte politiche controverse, riempiva le piazze di giovani attratti dal suo programma di forte ispirazione socialista.
Un seggio elettorale nello Leicestershire
Credibilità svanita
I due attentati, oltre a sospendere la campagna elettorale, finivano per danneggiare ulteriormente l’immagine già ammaccata della Premier. Mentre lei prometteva leggi draconiane per combattere il terrorismo, le venivano ricordati e rimproverati i tagli alla polizia nei suoi sei anni da titolare degli Interni. Da leader forte e affidabile, la sua credibilità veniva prima messa in discussione, poi apertamente ridimensionata. Protagonista di una campagna elettorale che i suoi stessi compagni di partito hanno definito “disastrosa”.
Westminster Bridge a Londra
Governo di minoranza?
E adesso, a 10 giorni dall’inizio delle trattative con l’Unione Europea, il Regno si trova senza una chiara maggioranza parlamentare in grado di sostenere un governo. I conservatori, con 314 seggi, restano il primo partito, ma lontani 12 deputati dalla maggioranza assoluta. Impossibile la formazione di una coalizione con i Liberal-Democratici, come nel 2010, considerate le posizioni di quest’ultimi in materia di Brexit. L’unica vera alternativa - almeno al momento - appare allora un governo di minoranza. Spetterà alla Regina a questo punto risolvere la matassa più incrinata: affidarsi nuovamente a Theresa May, nonostante il voto di sfiducia appena subito, oppure scommettere sul “rosso” Corbyn, capace di guadagnare 34 deputati rispetto alle ultime elezioni.
Lorenzo Amuso