Un tempo, sulle vecchie cartine d'America, le strade principali erano segnate in rosso e quelle secondarie segnate in blu. È invece una consuetudine abbastanza recente (dal 2020) indicare sulla mappa in rosso gli Stati a maggioranza repubblicana e in blu quelli tradizionalmente democratici. Nel 2016 il muro azzurro dei Blue States tradì Hillary Clinton e votò a sorpresa Donald Trump. Per una manciata di voti. Michigan, Pennsylvania e Wisconsin decisero l’elezione del 45esimo Presidente americano con una percentuale inferiore all’uno percento. 77'000 cittadini di questi tre Stati decisero una contesa nazionale in cui votarono 138 milioni di americani (58%).
Michigan: diviso dalla pandemia
Il viaggio del Telegiornale per raccontare la campagna elettorale 2016 ha cercato di non percorrere le strade principali per cogliere gli umori e i timori dell’America al voto. Prima tappa: Detroit e il Michigan, la Motor City e lo stato affacciato sui Grandi Laghi. Quattro anni fa lo sprint tra Trump e Hillary fu deciso da 10'000 voti. Due anni dopo, le elezioni di Midterm hanno premiato nuovamente i democratici, ma la gestione della pandemia ha infiammato gli animi, con la governatrice democratica Whitmer tra i principali bersagli delle ire presidenziali.
Il Michigan è stato uno dei primi teatri delle operazioni “Gridlock”, manifestazioni di protesta contro la chiusura preventive delle attività commerciali, e il parlamento dello stato è stato occupato da milizie armate. Il Covid 19 ha fatto 6’700 vittime, gli abitanti ricoverati sono stati oltre 92'000 e i casi registrati 128'000.
La libertà di Karl...
Karl Manke ha 77 anni, fa il barbiere in una contea a un’ora e mezza da Detroit. SI definisce “the American Barber” ed ha sfidato l’ordine di shutdown e confino della Governatrice. “È una questione di libertà, dice orgoglioso, la Governatrice non è mia madre, so quello faccio e quali sono i miei diritti”.
...e quella di Latresa
Quale libertà? Latresa è una giovane vedova. Suo marito è morto in seguito al coronavirus. Lavora con i giovani in un istituto federale e non vuole dire nulla sul Presidente e la sua controversa gestione dell'emergenza. Quando però sente parlare di persone che non vogliono indossare la mascherina e manifestano insofferenza a ogni misura di prevenzione, il timbro della sua voce da malinconico diventa fermo, severo: "Se non si è disposti a qualche sacrificio, si è solo degli egoisti".
Non più solo Motor City
Nell'immaginario Detroit è la città che qualche anno fa dichiarò bancarotta e che venne immortalata al cinema da Gran Torino e ancora prima fece da facile sfondo al violento Robocop.
Oggi è una metropoli che sta rinascendo. Un magnate che ha fatto fortuna con le ipoteche online (Dan Gilbert, il patron della squadra NBA dei Cleveland Cavaliers) ha investito oltre 5 miliardi di dollari in città, attirando investitori e giovani abitanti.
In città vi sono molti cantieri e l’obiettivo è quello di rilanciare quella che un tempo era chiamata la Parigi del Midwest diversificando l’economia un tempo incentrata alla sola industria dell’auto.
Parli di industria dell’auto e vengono in mente gli scioperi e i costanti ridimensionamenti alla General Motors e tutti quei discorsi sulla classe bianca impoverita dalla crisi e arrabbiata con la globalizzazione.
L’ultimo sabato d’estate lungo la Woodward Avenue, la “Route 1” verso Pontiac, è solita tenersi la Dream Cruise, sfilata d’auto d’epoca per ricordare gli anni ruggenti del Michigan.
Quest’anno a causa dei timori legati alla pandemia, la manifestazione è stata annullata ma alcuni appassionati sfilano ugualmente con i loro bolidi con tanto di vessilli elettorali. Sono i supporter del Presidente che puntano l’indice contro la “cancel culture”, la cultura della cancellazione che vorrebbe rimuovere il passato dello Stato.
Sembra solo una scampagnata di appassionati lunga qualche miglia, ma basta poco qui per trasformare tutto in terreno di scontro elettorale. È bastato poco, come vedrete dal reportage televisivo, per dar fuoco alle micce.
Massimiliano Herber