Centinaia di poliziotti, e diverse unità antiterrorismo, sono schierate attorno alla Corte suprema di Madrid, dove martedì mattina alle 10 è cominciato il processo contro 12 ex dirigenti indipendentisti catalani, accusati di ribellione, disobbedienza e appropriazione indebita in relazione al referendum sull'autodeterminazione dell'ottobre del 2017.
A destra l'ex vicepresidente catalano Oriol Junqueras
Il processo è seguito da 600 giornalisti accreditati provenienti da tutto il mondo, ed è trasmesso in diretta televisiva per garantirne la trasparenza. Tra il pubblico, a seguire il dibattimento, c'è anche il presidente della Generalitat catalana Joaquim Torra i Pla, presente fin dall'apertura dell'udienza.
Gruppi di persone favorevoli e contrari all'indipendenza della Catalogna si sono formati e davanti all'edificio. "Libertà per i prigionieri politici", si legge su un cartello. Mentre un piccolo gruppo di oppositori scandisce slogan all'indirizzo degli imputati: "Golpisti"!
L'ex presidente in "esilio"
"È un'enorme vergogna" ha affermato in un'intervista al Tages-Anzeiger l'ex presidente del Governo catalano Carles Puigdemont fuggito in Belgio, sostenendo che la consultazione popolare di due anni or sono non fu contraria alla Costituzione spagnola.
Puigdemont martedì a Berlino
A detta di Puigdemont è inaccettabile che il tribunale consideri criminale un referendum sull'autodeterminazione e, anche se il referendum fosse anticostituzionale, non si tratterebbe di un atto criminale, bensì al massimo di un atto di disobbedienza.
A differenza del caso sloveno, Puigdemont ha poi sottolineato che i separatisti catalani non intendono far uso della violenza. Finora, aggiunge, non ho mai sentito dire chiaramente dallo Stato spagnolo che fosse disposto a rinunciare alla violenza per impedire l'indipendenza.
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