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"Una crisi che ha origine esattamente 8 anni fa"

Riflettori sull'escalation delle tensioni fra Russia e Ucraina: l'intervista all'esperto di spazio postsovietico Stefano Grazioli

  • 25 gennaio 2022, 06:53
  • 23 giugno 2023, 15:18
Il Cremlino invia le sue truppe ai confini ucraini

Il Cremlino invia le sue truppe ai confini ucraini

  • Keystone
Di: Giorgia Mantegazza

L’escalation delle tensioni tra Russia e Ucraina degli ultimi mesi rischia di sfociare in una guerra e ciò suscita le attenzioni e i timori della comunità internazionale. Le premesse per una possibile invasione però c’erano già da tempo. Non è infatti la prima volta che il Cremlino invia le sue truppe ai confini ucraini.

"Questa crisi ha origine esattamente otto anni fa, tra il 2013-2014, quando a Kiev è stato cambiato il regime e si è passati da un Governo filorusso, con Viktor Janukovyč, a uno filo-occidentale, con Petro Oleksijovyč Porošenko. Per Mosca questo cambiamento è stato considerato un vero colpo di Stato - spiega ai microfoni della RSI il giornalista esperto di spazio postsovietico, Stefano Grazioli -. Quando Janukovyč era al potere, l'appartenenza a un’alleanza militare era stata messa fuori dalla Costituzione, ma con il cambio di regime il nuovo Governo aveva come priorità l'appartenenza alla Nato”.

In quegli anni infatti l’Ucraina compì significativi passi per avvicinarsi all’Unione europea e alla Nato, sostenute da diverse manifestazioni. Mosca reagì a quegli eventi occupando la Crimea e fomentando le rivolte nell’Ucraina orientale, da cui nacquero i due Stati-fantoccio controllati da Mosca e dai separatisti filorussi: la Repubblica popolare di Donetsk e la Repubblica popolare di Lugansk, nel bacino del Donbass.

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I movimenti delle truppe russe degli ultimi mesi però devono essere guardati sotto una luce diversa: "Un'invasione su larga scala dell’Ucraina è altamente improbabile - sottolinea l'esperto - Il destino del Paese è in mano al presidente russo, Vladimir Putin e a quello che deciderà la Casa Bianca".

Nella bozza di accordo presentata dai russi agli Stati Uniti, si chiede il ritiro della Nato dall'Europa dell'Est e l'impegno a non accettare ulteriori adesioni di Paesi dell'ex blocco sovietico. La Russia vorrebbe che la Nato tornasse ai suoi confini precedenti al 1997. Ciò significherebbe il ritiro delle unità combattenti dalla Polonia e dalle repubbliche baltiche di Estonia, Lettonia e Lituania e nessun missile schierato in Paesi come Polonia e Romania.

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I dialoghi con Mosca vanno avanti, mentre Stati Uniti e Europa lavorano a un pacchetto di dure sanzioni contro il Cremlino, nel caso in cui decidesse di muoversi militarmente. "Putin chiede cose impossibili alla Casa Bianca e all'Unione europea - continua Grazioli - però questo può essere un segnale per dire "io rinuncio a qualcosa, se voi me ne date un altro pezzo". Può essere una sorta di finlandizzazione dell'Ucraina, ovvero si convince il Paese a non entrare nella Nato e si mantiene uno Stato cuscinetto con la Russia".

Intanto il Governo statunitense ha ordinato domenica alle famiglie dei diplomatici di base a Kiev di lasciare il Paese di fronte alla "minaccia persistente di un'operazione militare russa". Bruxelles non segue l'esempio e "non vede ragione di drammatizzare" la situazione russo-ucraina.

In Ucraina invece il timore di una guerra è palpabile: "Per gli ucraini è un momento difficile, come sono stati difficili gli ultimi otto anni - conclude Grazioli - Quando hai una guerra in casa la minaccia si sente ed è reale".

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