Mentre non si placano i combattimenti in tutto il territorio ucraino, ci si attiva per tentare di portare in salvo i civili rimasti intrappolati in svariate città del Paese, bombardate dagli invasori russi. In particolare, la situazione precaria degli abitanti di Mariupol è al centro di diverse azioni di sostegno, al fine di poterli portare via dalla città.
Il Comitato Internazionale della Croce Rossa (CICR) ha reso noto giovedì di esser pronto "a guidare" le operazioni di evacuazione dei civili a partire da domani, venerdì, a condizione di avere le garanzie necessarie. Lo afferma l'organizzazione stessa in un comunicato. "E' disperatamente importante che questa operazione avvenga. Vi dipendono le vite di decine di migliaia di persone”, che vivono da settimane in condizioni di estremo pericolo e senza viveri o medicinali.
Proprio da Mariupol, in tarda mattinata, erano partiti i primi autobus (circa una ventina) con destinazione Zaporizhzhia, località distante circa 220 km. Altri 28 torpedoni sono in attesa del nullaosta per attraversare il checkpoint russo di Vasylivka e portare in salvo altre decine di persone fuggite dalla grande città portuale, quasi rasa al suolo dai russi.
La situazione dei civili è comunque decisamente complicata anche in svariate altre località ucraine, come a Chernihiv. Mentre l’esercito di Kiev sta liberando gran parte dei centri abitati del suo hinterland, chi vive nel grande agglomerato urbano ha ormai un accesso limitato all’acqua potabile, all’elettricità o al riscaldamento domestico da una settimana, quando le truppe di Mosca hanno intensificato l’assalto alla città, che al momento ospita ancora oltre 140'000 civili.
Sempre giovedì tre treni per lo sgombero dei civili partiranno dalle regioni di Luhansk e Donetsk. Lo precisa il capo dell'amministrazione militare regionale di Luhansk, Serhiy Haidai. Ieri, mercoledì, quasi 400 persone sono state tratte in salvo dai bombardamenti pesantissimi in atto nella regione di Luhansk.
Mosca manda in archivio la missione OSCE in Ucraina
Intanto sul piano della diplomazia va segnalato che il rifiuto di Mosca di rinnovare il mandato della missione OSCE in Ucraina pone fine di fatto alla presenza dei funzionari dell’attività di monitoraggio in corso dal marzo 2014 con l’incarico di contribuire a ridurre le tensioni e monitorare le violazioni dei cessate il fuoco. Il Cremlino si è pure opposto a un’eventuale “ibernazione” della missione, in attesa della fine delle ostilità, iniziate il 24 febbraio scorso con l’invasione dei territori ucraini da parte delle truppe di Vladimir Putin.
E di cessate il fuoco è tornato a parlare il ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu, secondo il quale “ciò che è importante è che le due parti si riuniscano e si accordino su un cessate il fuoco duraturo", rimarcando che "è impossibile negoziare sotto la pressione delle armi". Cavusoglu ha voluto poi sottolineare che nei colloqui tra le delegazioni di Ucraina e Russia a Istanbul martedì, si sono raggiunti "i risultati più significativi" dall'inizio del conflitto.
Putin non informato adeguatamente per paura della sua ira
Un conflitto i cui esiti sul campo, per semplice paura, non sono state comunicate adeguatamente al presidente russo. Secondo un dirigente dei servizi segreti britannici, l’entourage del leader del Cremlino non direbbe la verità al 70enne capo di Stato russo per timore della sua reazione, ma l’intelligence di Londra è comunque convinta che Vladimir Putin sia ormai ben consapevole della situazione. Saprebbe perciò, in ogni caso, della resistenza ucraina superiore alle aspettative e dell’efficacia comunicativa del presidente ucraino Volodymyr Zelensky e del suo team.
In merito ai vari gruppi di “mercenari” siriani, ceceni o georgiani gettati nella mischia dall’esercito di Mosca, secondo i britannici si tratterebbe di “carne da cannone” utile per limitare le perdite tra i soldati regolari – spesso giovanissimi – mandati in Ucraina.