Scienza e Tecnologia

Sigaretta elettronica, una sconosciuta

Mancano studi scientifici che provino la sua innocuità e leggi che regolarizzino il suo uso

  • 29 agosto 2013, 18:43
  • 5 giugno 2023, 20:06
Una sigaretta elettronica

Una sigaretta elettronica

  • Reuters

In Svizzera, stando a una ricerca dell’Università di Zurigo, a fine 2010 i fumatori erano circa il 27% della popolazione e quasi la metà di essi ha dichiarato di voler smettere. Ma abbandonare il vizio non è facile. Molte sono però le soluzioni proposte dal mercato per chi vuole provarci: dal cerotto al chewing gum, dall’agopuntura alla lettura di opuscoli e libri.

Negli ultimi anni ha preso sempre più piede, in tutto il mondo, la sigaretta elettronica. Un metodo che, stando a produttori e venditori, è “un’alternativa sana al consumo di tabacco” o, appunto, “un modo facile per smettere di fumare”. Ma è tutto oro quello che luccica?

“Rischio cancerogeno minimo”

Nel nostro paese, stando ai dati dell'Ufficio federale della sanità pubblica (UFSP), la si conosce dal 2005. Questo apparecchio, chiamato anche e-cigarette, esiste di vari modelli e di varie marche ed è molto simile sia nella forma che nell'uso alla più tradizionale "bionda", ma a differenza di quest'ultima non funziona a combustione.

E proprio per questo motivo, sostiene ancora chi la vende, le sostanze contenute nella cartuccia rimangono quasi inalterate e soprattutto il rischio di effetti cancerogeni dovrebbe essere minimo per la mancanza dei residui (come catrame e idrocarburi policiclici aromatici) prodotti dalla combustione. Non vi sarebbero quindi nemmeno i rischi legati al fumo passivo e dovrebbe perciò essere possibile fumarla anche nei luoghi chiusi.

Le raccomandazioni dell’OMS

La verità è che ad oggi, visto che questo prodotto si è affermato sul mercato solo di recente, gli studi al riguardo non sono molti e non sono neppure esaustivi al punto da poter dimostrare con scientificità la sua innocuità o la sua efficacia. A dirlo è anche l'Organizzazione mondiale della sanità (OMS), la quale ritiene dunque che pubblicizzare le sigarette elettroniche come metodo di disassuefazione non sia attendibile . L’OMS ha inoltre sottolineato più volte come sia ormai divenuto necessario colmare il vuoto legislativo concernente questo dispositivo.

La situazione legale in Europa

Non esistendo studi determinanti, infatti, non vi sono nemmeno leggi specifiche che regolarizzano l’uso della sigaretta elettronica. Nell’Unione Europea è però in atto una discussione per cercare di definire una regolamentazione comunitaria. Ma per il momento, i vari paesi europei hanno adottato norme nazionali.

In Austria e in Danimarca, ad esempio, se contengono nicotina sono considerate dei prodotti farmaceutici. In Olanda, invece, ne è vietata la pubblicità. In altri paesi ancora, come in Italia o in Francia, sono state adottate delle misure per limitarne l’accesso ai giovani.

Il caso italiano

Ma non solo. Nella vicina Penisola, infatti, la discussione sulla sigaretta elettronica è molto accesa. Il Governo Monti aveva presentato un emendamento alla legge di stabilità che le equiparava alle classiche bionde e quindi le metteva al bando dai luoghi pubblici. Al momento questa norma non è entrata in vigore, ma son stati presi altri provvedimenti. Il Ministero della salute italiano ha infatti vietato la vendita dei dispositivi contenenti nicotina ai minorenni (come succede per le sigarette tradizionali) e ha raccomandato di vietarne l’uso nei luoghi chiusi. E così Trenitalia, Alitalia e alcuni uffici pubblici hanno deciso di proibirle.

E nel resto del mondo?

Nel resto del mondo vige la stessa eterogeneità constatata nell’Unione Europea. In Australia, Canada o in Cina, ad esempio, la vendita di questi prodotti contenenti nicotina è vietata. La Nuova Zelanda, invece, segue la legislazione di Austria e Danimarca. Negli Stati Uniti si cerca invece, come in Italia, di limitare il più possibile l’accesso alla sigaretta elettronica da parte dei giovani.

In Svizzera vietato il commercio di liquidi di ricarica con nicotina

Per quanto riguarda la Svizzera non esiste una normativa specifica e quindi l’UFSP classifica le e-cigarette come oggetti d’uso e le fa rientrare nel campo della legge sulle derrate alimentari. E, stando alla lettera informativa del 2010 , se non vengono pubblicizzate come medicinali per smettere di fumare (quindi senza nicotina), sono di competenza dei laboratori cantonali. Altrimenti per poter essere commercializzate nel nostro paese è necessaria l’autorizzazione di Swissmedic, che però finora non ha rilasciato alcuna licenza. Di conseguenza, i liquidi di ricarica contenenti nicotina non possono essere venduti nella Confederazione.

"Maneggiare con cura"

Dato che il divieto non riguarda l’importazione per uso proprio, Berna raccomanda però di usare molta prudenza, sottolineando nel testo che le ricariche con nicotina (che possono essere acquistate all’estero), “se adoperate in maniera non adeguata possono causare avvelenamenti e, nei casi più gravi, possono addirittura avere conseguenze letali”. In attesa di studi specifici, dunque, meglio “maneggiare con cura.”

Sara Matasci

Modo d'uso e caratteristiche

Il dispositivo è composto principalmente da una batteria ricaricabile, una cartuccia intercambiabile o ricaricabile contenente sostanze aromatiche e/o nicotina, e un vaporizzatore (o nebulizzatore) che riscalda il liquido e produce il vapore che viene poi inalato. Nel video la spiegazione dettagliata di Luca Vivarelli , proprietario di due negozi (a Locarno e a Bellinzona) di sigarette elettroniche.

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Finanziato uno studio all'Università di Ginevra

Per cercare di colmare la lacuna scientifica in materia, il Fondo svizzero per la prevenzione del tabagismo ha stanziato un credito di 88'000 franchi per promuovere la ricerca sulla sigaretta elettronica . Uno studio ad ampio raggio dell’Istituto di medicina sociale e preventiva dell’Università di Ginevra analizzerà questo dispositivo, facendo particolare riferimento al rischio di dipendenza e alle sue potenzialità quale strumento di disassuefazione dal tabacco.

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