L’intervista all’ex consigliera federale

“Medio Oriente, dovevamo alzare la voce. La politica ha una doppia morale”

Micheline Calmy-Rey: “Ormai nessuno rispetta le Convenzioni di Ginevra”

  • 1 gennaio, 09:56
  • 1 gennaio, 09:59
04:06

Radiogiornale delle 12.30 del 31.12.2024: l’intervista a Micheline Calmy-Rey, di Lucia Mottini

RSI Info 31.12.2024, 15:35

  • Keystone
Di: Radiogiornale/ludoC 

Guerra in Ucraina, crisi in Medio Oriente: non è stato un contesto facile quello della prima partecipazione elvetica al Consiglio di sicurezza dell’ONU come membro non permanente. Le autorità svizzere hanno stilato però un bilancio positivo di questi due anni. Ma per l’ex consigliera federale Micheline Calmy-Rey, promotrice della partecipazione svizzera al Consiglio di sicurezza, la Svizzera avrebbe potuto fare di più, come da lei stessa dichiarato in un’intervista realizzata da Lucia Mottini per il Radiogiornale RSI.

In merito all’esperienza al Consiglio di sicurezza, questa “è stata certamente utile, perché i contatti internazionali intensi che accompagnano l’attività del Consiglio di sicurezza permettono di allargare la rete di relazioni e costruire delle alleanze – dichiara Calmy-Rey – E poi abbiamo interesse a rafforzare il sistema di sicurezza collettiva delle Nazioni Unite, particolarmente in questi tempi in cui il multilateralismo è in difficoltà. La Svizzera non è una grande potenza, non può servirsi dei rapporti di forza: è quindi nel suo interesse rafforzare le regole comuni che si applicano a tutti. Inoltre, è logico che un paese che contribuisce notevolmente al finanziamento delle Nazioni Unite possa esprimersi e partecipare al processo decisionale. Anche se il Consiglio di sicurezza è bloccato dal veto delle grandi potenze”.

Il mandato espletato dalla Svizzera è coinciso con i 75 anni delle Convenzioni di Ginevra che sono alla base del diritto internazionale umanitario. In questa occasione il consigliere federale Ignazio Cassis ha invitato a Ginevra i rappresentanti degli altri paesi per un dialogo informale. Nei comunicati è sempre stata ribadita la necessità di rispettare le regole in caso di conflitto. È stato efficace questo discorso in difesa della popolazione civile? “È vero che la Svizzera ha invitato i membri del Consiglio di sicurezza a Ginevra, ma per una specie di teatro con delle sedie rovesciate che non ha avuto nessun effetto concreto – chiosa l’ex consigliera federale rispondendo alla domanda – Oggi vediamo nel mondo che nessuno rispetta più le Convenzioni di Ginevra! Nessuno! In Ucraina, come a Gaza o in Libano! Di fronte alle migliaia di morti in Medio Oriente e alle gravi accuse di pulizia etnica e genocidio, mi sarei aspettata dalla Svizzera - depositaria delle Convenzioni di Ginevra - che alzasse di più la voce”. Lo si sarebbe potuto fare, prosegue, “è sempre possibile farlo. Soprattutto quando si è lo Stato depositario delle Convenzioni di Ginevra e si vede che non sono più rispettate da nessuno”.

Uno dei dossier più spinosi è stato appunto quello mediorientale, con ben quattro risoluzioni che sono state bloccate dal veto di uno dei membri permanenti del Consiglio di sicurezza, prima che in marzo passasse - su iniziativa anche della Svizzera – quella sul cessate il fuoco a Gaza. All’ONU la Svizzera ha anche difeso l’UNRWA, l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi, quando Israele ne ha vietato le attività, ma Berna intanto si dibatteva sul taglio ai suoi finanziamenti. Come condurre in queste condizioni una politica coerente?

A questa domanda l’ex consigliera federale Micheline Calmy-Rey risponde che: “Ritengo che la politica svizzera si contraddistingua oggi per una sorta di ambiguità e doppia morale. Per quanto riguarda il rispetto del diritto umanitario internazionale, è vero che la Svizzera ha fatto approvare la risoluzione sulla protezione del personale umanitario. Al Consiglio di Sicurezza ha inoltre un po’ difeso il lavoro dell’UNRWA: ma in Svizzera, nelle discussioni parlamentari, si vuole invece tagliare i contributi a questa organizzazione: si tratta di una doppia morale. Inoltre, la Svizzera si è astenuta sul riconoscimento dello Stato di Palestina, mentre continua a ripetere che sostiene la soluzione a due Stati. Ancora una volta: ambiguità e doppia morale”.

Ti potrebbe interessare