La fase di emergenza che, nelle prime fasi di lockdown in Svizzera, aveva spinto molte persone a chiedere gli aiuti sociali, è passata. Da inizio aprile le nuove richieste sono diminuite dopo che un'indagine della Scuola professionale di scienze applicate di Zurigo (ZHAW) aveva fatto emergere che nelle prime due settimane di blocco delle attività in alcuni cantoni d'Oltralpe erano quadruplicate.
La situazione, spiegano gli esperti, è migliorata da quando, a fine marzo, la Confederazione ha adottato nuove misure, prolungando la durata del diritto di disoccupazione ed estendendo la copertura per perdita di guadagno a più categorie. Per il momento, gli aiuti statali starebbero dunque ammortizzando le conseguenze della crisi legata al coronavirus, evitando che la crisi sanitaria e le difficoltà economiche diventino crisi sociale.
A richiedere l'assistenza sono stati soprattutto gli indipendenti, come conferma David Lätsch, professore presso la scuola professionale di scienze applicate: "Sono stati toccati soprattutto gli indipendenti e le persone con impieghi a tempo parziale, visto che parte della loro attività è stata limitata dalle misure di contenimento del virus".
La stessa situazione si è osservata anche in Ticino, dove la metà dei salariati è in lavoro ridotto, ma dall'inizio del lockdown non c'è stato un aumento di richieste di aiuto sociale. "Questo è dovuto alle tempestive misure che sono state adottate a livello cantonale e della Confederazione, che permettono di contenere o almeno tamponare le richieste di sostegno sociale", spiega Cristina Oberholzer-Casartelli, capo della Sezione del sostegno sociale del canton Ticino.
Il rischio, in Ticino come in Svizzera, è però che l'economia necessiterà di tempo per riprendersi e ci sia dunque una recessione. "Il timore di molti servizi sociali è che in estate e in autunno, quando le misure di sostegno della Confederazione e dei cantoni potrebbero esaurirsi o venire revocate, ci sarà un aumento delle richieste di aiuto sociale", ha concluso David Lätsch.