Proteste nel cuore delle aree residenziali, famiglie esasperate e incertezza crescente: Zurigo non aveva mai assistito a mobilitazioni come quelle che hanno coinvolto le cosiddette “case Sugus” alla fine del 2024, diventate un caso nazionale.
A circa cento inquilini era stato notificato lo sfratto nello stesso periodo, poco prima di Natale. La proprietaria aveva rifiutato qualsiasi dialogo, anche con il Municipio cittadino. Questi edifici sono ormai il simbolo delle disfunzioni del mercato immobiliare svizzero.
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Trovare casa a Zurigo è sempre più difficile. Il tasso di sfitto, principale indicatore della disponibilità abitativa, è recentemente sceso allo 0,07%: il dato più basso della Svizzera e probabilmente del mondo occidentale.
Le immagini delle proteste a Zurigo sono emblematiche, ma quanto rappresentano l’intero Paese? Quali fattori alimentano la carenza di alloggi? E cosa ci dicono le tendenze e le statistiche?
C’è una carenza di alloggi in Svizzera?
La risposta è: sì e no. Secondo l’ultimo rilevamento, il tasso di sfitto nazionale è pari all’1,08%. Per l’Ufficio federale delle abitazioni, una carenza si registra solo quando questa percentuale scende sotto l’1%.
Nel confronto internazionale, la Svizzera resta tra le maglie nere. Uno studio dell’OCSE di due anni fa collocava il Paese in fondo alla classifica insieme alla Svezia, che nel frattempo ha registrato un lieve miglioramento con un tasso dell’1,3%. In Svizzera, al contrario, la disponibilità abitativa è ulteriormente diminuita, soprattutto nelle aree centrali dove il tasso di posti vacanti è ben al di sotto dell’1%.
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“Escludendo i micro-Stati, la Svizzera presenta attualmente il tasso di sfitto più basso d’Europa”, afferma Robert Weinert, analista capo della società di consulenza Wüest Partner. E la Svizzera non è sola: “Anche città come Londra, Parigi o Monaco stanno affrontando problemi simili. Si costruisce troppo poco nei centri urbani”, aggiunge Weinert.
Un nuovo indice europeo elaborato da Wüest Partner classifica la Svizzera al quarto posto tra i Paesi con la maggiore carenza di alloggi, dopo Lussemburgo, Norvegia e Irlanda.
E il futuro non promette bene: secondo la Società svizzera degli impresari costruttori, nel 2025 verranno realizzati solo 42’000 nuovi appartamenti, a fronte di un fabbisogno stimato dall’Ufficio federale delle abitazioni di almeno 50’000 unità. Il risultato? Il tasso di sfitto continuerà a scendere.
Quali sono le cause?
Claudio Saputelli, responsabile dell’analisi immobiliare presso UBS, sintetizza così: “Il problema principale non è tanto l’offerta, quanto la domanda”.
L’aumento dei tassi d’interesse, i costi crescenti dei materiali da costruzione e la scarsità di manodopera qualificata hanno rallentato l’attività edilizia. Ma il vero motore della crisi è la crescita demografica, trainata dall’immigrazione.

In Svizzera, con i suoi nove milioni di abitanti, solo nel 2024 sono arrivati circa 83’000 stranieri in più rispetto a quelli che hanno lasciato il Paese, la maggior parte dei quali lavoratori provenienti dall’area UE. Negli ultimi dieci anni, la popolazione svizzera è cresciuta in media dello 0,9% all’anno, ma l’edilizia non ha saputo tenere il passo.
Nonostante una lieve frenata dell’immigrazione e il rallentamento dell’economia globale, è prevedibile che la crescita demografica in Svizzera prosegua. Secondo l’Ufficio federale di statistica, la popolazione raggiungerà i 9,43 milioni entro il 2030 e i 10,44 milioni entro il 2050.
Un paragone storico
La situazione attuale è meno grave di quanto suggeriscano i titoli dei giornali, le proteste e i confronti internazionali delle cifre. La Svizzera ha infatti beneficiato di un’intensa attività edilizia negli anni precedenti alla pandemia, grazie ai tassi d’interesse estremamente bassi. “All’epoca il tasso di sfitto era a livelli record”, ricorda Saputelli. Gli investimenti si concentravano soprattutto nelle zone periferiche, mentre nei centri urbani la ripresa è stata marginale.

La ripartizione per tipologia rivela un andamento sorprendentemente piatto nei centri principali. Qui non c’è mai stata una vera e propria ripresa del mercato.
La pandemia ha invece innescato forti variazioni soprattutto nelle località turistiche, con un’esplosione della domanda di seconde case. Va però ricordato che nel XX secolo vi sono stati momenti ben più critici, come nel Secondo dopoguerra o negli anni Settanta e Ottanta, quando la scarsità di abitazioni nelle città ha provocato tensioni sociali.
Secondo il Dizionario storico della Svizzera, fino al 1992 l’offerta è “sempre rimasta inferiore alla domanda, mancava una percentuale di alloggi sfitti in grado di regolare il mercato”.
Anche oggi il tasso di sfitto è nettamente inferiore al valore necessario per un mercato equilibrato, con affitti stabili. Secondo uno studio di Wüest Partner, questo “valore ottimale” sarebbe in media dell’1,27% in Svizzera, quindi decisamente superiore all’attuale tasso di sfitto dell’1,08%.
Dato che il valore ottimale dipende da diversi criteri come il livello dei prezzi o la posizione geografica, varia a seconda del Cantone. Wüest Partner ha calcolato il valore più basso per Zugo con lo 0,44% e il più alto per Soletta con il 2,36%.
Cosa frena la costruzione di nuovi alloggi?
Il maggiore ostacolo all’attività edilizia in Svizzera è la legge sulla pianificazione del territorio del 2014, che praticamente non permette più nuove edificazioni, con la conseguenza che i terreni edificabili diventano sempre più rari. Tuttavia, nella densamente popolata Svizzera, questo è politicamente voluto.
La risposta politica alla scarsità di zone edificabili si chiama densificazione: dove già non c’è più verde, si dovrebbe ora costruire più in alto. Questa richiesta è popolare al di là dei confini partitici, ma è difficile da attuare.
Costruire in verticale non è semplice: spesso i progetti non risultano redditizi oppure incontrano ostacoli burocratici e opposizioni private. A Zurigo, ad esempio, ci sarebbe spazio per 650’000 persone – 200’000 in più rispetto a oggi – ma il potenziale è in gran parte inutilizzato.
A ciò si aggiunge un altro fattore tipicamente svizzero: il potere dei ricorsi. “I ricorsi sono la quinta lingua nazionale”, ironizza Ursina Kubli, responsabile della ricerca immobiliare presso la Banca Cantonale di Zurigo (ZKB).
Secondo uno studio della ZKB, a Zurigo solo il 14% delle nuove abitazioni deriva da interventi su edifici esistenti (1’400 appartamenti). Le demolizioni e ricostruzioni, pur essendo più efficaci con un +87% di densità abitativa, incontrano spesso forti resistenze.
Per risolvere questo problema, secondo Kubli, la Svizzera deve condurre un dialogo su chi, dove e in quale ambito abbia possibilità di opporsi. Questa è un’opinione diffusa tra gli esperti immobiliari. Anche la Società svizzera degli impresari costruttori ha chiesto misure in questo senso.
L’influenza dei tassi d’interesse
Un possibile segnale positivo arriva dalla politica monetaria. I bassi tassi di interesse potrebbero dare un nuovo impulso al settore edilizio in Svizzera. La Banca nazionale svizzera ha recentemente abbassato il tasso di riferimento allo 0,25%, la quinta riduzione consecutiva. Secondo l’Associazione dei banchieri, più della metà degli analisti prevede un ritorno a tassi prossimi allo zero, o persino negativi, entro la fine dell’anno.
“Con tassi davvero bassi o negativi, i fondi pensione cercheranno alternative alle obbligazioni, e l’immobiliare tornerà ad attrarre investimenti”, osserva Saputelli. Tuttavia, gli effetti sul mercato non saranno immediati. I progetti edilizi richiedono anni per essere completati. La carenza di alloggi, secondo Weinert, continuerà a farsi sentire: “Almeno per i prossimi cinque anni”.
RG 12.30 del 22.04.2025 - Il servizio di Alessio Veronelli
RSI New Articles 22.04.2025, 12:27
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