Il Servizio Sismico Svizzero (SED) e il California Institute of Technology hanno recentemente pubblicato uno studio sulla questione della previsione dei terremoti. Il quesito sismologico indagato e finora ancora insoluto è se, al compimento dei suoi primi 1–2 secondi di «vita», un terremoto «sa» quale intensità raggiungerà.
Al fine di cercare di fornire una risposta, gli studiosi hanno analizzato i segnali sismici di oltre 3000 terremoti di superficie di magnitudo 4 o maggiore, localizzati da stazioni accelerometriche vicino al loro rispettivo epicentro (al massimo a 25 chilometri di distanza).
I risultati della loro ricerca hanno dimostrato che, sia i terremoti di grande entità, sia quelli di più piccola entità all’inizio dell’evento sismico, si comportano allo stesso modo. Solo quando il processo di frattura è in stato avanzato è possibile stimare l’entità finale di un sisma.
Secondo lo studio, anche in futuro non sarà pertanto possibile prevedere all’inizio dell’evento l’estensione finale della frattura e la magnitudo definitiva. Di conseguenza, i sistemi di allarme rapido per i terremoti non saranno mai in grado di stimare la possibile entità dei danni all’inizio del verificarsi di un sisma.
Piuttosto, essi dovranno monitorare in tempo reale il processo di frattura, per aumentare il livello di allerta in caso di aumento della severità del terremoto.
SED/Dek
RG 18.30 del 30.10.16 - Il reportage da Norcia dell'inviato Claudio Bustaffa
RSI Info 30.10.2016, 19:36
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