Tra i rumors più assurdi circolati negli ultimi mesi, in Vaticano, è girata la voce di una possibile soppressione delle guardie svizzere, proposito attribuito allo stesso Papa Francesco. Niente di più falso: il corpo militare rossocrociato sembra più vivo e vegeto che mai. Grazie – guarda caso! - allo stesso Pontefice che pare gradire non solo di scambiare i tradizionali convenevoli con i giovani in servizio (e di parlarne bene in pubblico, appena può), ma li invita pure informalmente a bere un caffè per sentire dalla loro viva voce come vanno le cose.
È così, dicono le gole profonde d’Oltretevere, che Francesco ha deciso, in quattro e quatt’otto, di sostituire l’ex comandante Daniel Anrig, troppo severo, con il nuovo comandante, Christoph Graf, più attento ad accorciare i lunghi, faticosi periodi di guardia. E più propenso, forse, a mollare le briglie delle libere uscite nella grande bellezza di Roma.
Le riforme che stanno segnando il pontificato di Bergoglio nascono così: non da piani pastorali elaborati a tavolino da dotte commissioni interne, ma – è il caso delle guardie svizzere - da un caffè bevuto in compagnia con i ventenni che vegliano sui suoi passi. È il metodo della prossimità, dell’incontro con le persone in carne ed ossa, con i loro bisogni di tutti i giorni. Questa è la Chiesa di Bergoglio.
Bruno Boccaletti