La Commissione parlamentare d’inchiesta (CPI) sul caso Credit Suisse è ormai cosa fatta. Dopo il Nazionale ieri, oggi (giovedì) anche il Consiglio degli Stati ha infatti approvato a larga maggioranza (37 voti contro 5) il decreto federale che istituisce il più forte strumento di controllo a disposizione delle Camere. Si tratta solo della quinta volta nella storia svizzera che ciò accade.
Il "sì" unanime pronunciato alla vigilia dalla Camera del popolo lasciava presagire un dibattito agli Stati senza grosse sorprese. Anche perché l'Ufficio della Camera dei Cantoni, come sottolineato oggi una volta di più proprio a nome di questo organo da Eva Herzog (PS/BS), aveva già dato il proprio consenso senza opposizioni. Semaforo verde era giunto pure dalla sua Commissione della gestione, senza dimenticare il beneplacito del governo.
Ci ha pensato però il "senatore" Thomas Hefti (PLR/GL) a movimentare la seduta, depositando una proposta di non entrata in materia sulla creazione della CPI. In primis, il glaronese ha parlato di tempistiche dubbie. "In ogni caso è troppo presto", ha affermato, ricordando che alla vicenda non è stato messo il punto finale, dato che la fusione forzata fra Credit Suisse e UBS non è ancora stata ultimata. "Le commissioni della gestione potrebbero fare il lavoro della CPI. Quest'ultima va usata, come nelle rare occasioni passate, per degli scandali", ha proseguito. Il caso CS invece non lo è, o perlomeno la colpa non va addossata allo Stato o al governo, ha dichiarato Hefti, secondo cui i responsabili vanno ricercati nei dirigenti della grande banca.
La proposta di non entrata in materia non ha però fatto breccia nei suoi colleghi alla Camera dei Cantoni, venendo bocciata per 39 a 5.
CPI su Credit Suisse, il Nazionale approva
Telegiornale 07.06.2023, 12:30