Le particelle di fumo degli incendi divampati nella costa ovest degli Stati Uniti sono arrivate fino in Svizzera, trasportate da una corrente a getto ad alta quota, dalla California fino al nord Europa. Si tratta di particelle PM2,5, per via del loro diametro inferiore a 2,5 micrometri, e sono più fini delle PM10, causate dai motori delle auto e dal riscaldamento delle case.
Accade di frequente che masse d'aria vengano spinte anche su lunghissime distanze, ma in questo caso, ciò che è eccezionale è la grande quantità di fumo e l'elevata concentrazione, "che non è buona per la salute, ma sarà un fenomeno passeggero", spiega a RTS il meteorologo Lionel Fontannaz.
La nube proveniente dagli Stati Uniti ha viaggiato per 8'000 chilometri e si trova a circa 5'000 metri di quota, ma è destinata lentamente a dissolversi. A causa di queste particelle, all'alba e al tramonto è possibile che in questi giorni il giallo e l'arancione risultino più intensi.
I roghi, un problema più frequente
Gli scienziati concordano nel dire che gli enormi incendi che stanno devastando la costa occidentale degli Stati Uniti, attraverso la California, l'Oregon e lo Stato di Washington, sono causati anche dal cambiamento climatico. Secondo alcuni esperti, anche in Europa si stanno creando le condizioni favorevoli all'innesco di roghi di vasta portata.
Incendi negli Stati Uniti, oltre 30 morti
Telegiornale 13.09.2020, 14:30
Lo dimostrano quelli degli ultimi anni che si sono verificati in Spagna, Portogallo e Grecia. "Il territorio non è più gestito con i metodi dell'agricoltura tradizionale. La biomassa, un tempo sfruttata, rimane sul terreno e si trasforma in combustibile. Questo fattore, unito ai numerosi periodi di siccità che si sono verificati, provoca incendi particolarmente violenti che si propagano rapidamente", ha spiegato l'ingegnere forestale e ricercatore, Marco Conedera, al programma La Matinale della radio romanda.
"Nelle regioni meridionali dell'Europa e nella foresta boreale ci sono ecosistemi abituati a bruciare di tanto in tanto, ma i recenti incendi in Portogallo e in Grecia possono essere ricondotti all'attività umana", ha aggiunto il geografo dell'Università di Losanna, Christian Kull, prendendo l'esempio della piantumazione di eucalipti e pini (più inclini a bruciare) al posto dei pascoli.
Quanto al ruolo giocato dal riscaldamento globale, "non è possibile ricondurre un singolo rogo al cambiamento climatico - osserva Kull - ma le temperature più elevate e i frequenti periodi di siccità sono tra le cause".