C’è un filo solido, ecumenico, che porterà il 21 giugno Papa Francesco a incontrare a Ginevra il grande organismo che rappresenta le Chiese cristiane nel mondo, il Consiglio ecumenico delle Chiese. Un totale di 349 membri a pieno titolo. E un osservatore, sì, proprio il Vaticano, che non ha mai aderito pienamente al consesso in cui sono rappresentati tutti gli altri cristiani.
Bergoglio ha sempre vissuto una personale vicinanza con le altre declinazioni del cristianesimo. Lo ha fatto da cardinale a Buenos Aires, con amici cari; e poi da Papa, a Lund, nel 2016, per inaugurare le celebrazioni dei 500 anni di Martin Lutero. O ancora, l’anno prima, con la storica visita al Tempio valdese di Torino, ospite di una comunità che la città piemontese, solo un secolo prima, aveva relegato in periferia per non incontrarla. Il Papa sa, con questi gesti, di scontentare qualcuno in casa cattolica – Martin Lutero da alcuni è ancora considerato un eretico -, ma lui tira dritto per la sua strada
L’incontro con il Consiglio mondiale delle Chiese è un ulteriore passo avanti, coerente, di questo cammino. Ci si attende una iniziativa comune sulla Siria. Probabilmente verrà. Ma certo, il tema dei diritti umani, più in generale, e quello dei migranti, suo logico sviluppo, saranno al centro delle riflessioni e delle preoccupazioni comuni. Su quel terreno le varie Chiese già collaborano, con iniziative come i corridoi umanitari, che – garantendo un percorso sicuro, legale - evitano ai profughi di rischiare la vita nei mari mediterranei.
I terreni di incontro sono molti. C’è ad esempio la salvaguardia del creato, fulcro della prima enciclica di Bergoglio, Laudato sii, tema che vede soprattutto i protestanti avere sviluppato una riflessione matura, da decenni. Francesco è disposto a discutere, ad imparare. È una Papa che va in casa di altri, riconoscendo loro in questo modo piena dignità ai suoi interlocutori. Sono questi i piccoli passi, simbolici, di cui oggi il movimento ecumenico può nutrirsi.
Bruno Boccaletti