Fra pochi giorni ricorre il 20esimo anniversario degli attentati alla Torri Gemelle a New York. Era il 2001, annus horribilis, segnato da avvenimenti drammatici anche per la Confederazione: la strage nel Parlamento di Zugo, il grounding di Swissair, l’incendio nella galleria stradale del San Gottardo, il crash di un aereo di Crossair. A Zurigo la RSI ha incontrato chi, in quei momenti, è stato in prima linea, l'allora presidente della Confederazione Moritz Leuenberger.
"Quando finirà tutto questo?", si chiedeva incredulo Moritz Leuenberger il 25 novembre del 2001, nei boschi di Bassersdorf dove era appena precipitato un aereo di Crossair, 24 i morti. Il crash fu l'ultimo di una serie di catastrofi di quell'anno nero anche per la Svizzera, e l'ex ministro, a più riprese, ha dovuto assumere il ruolo di padre consolatore.
"Di fronte all'ennesima sciagura ho reagito in modo molto soggettivo. Alcuni giornalisti mi hanno criticato, ma tante persone pensavano esattamente la stessa cosa e hanno apprezzato quanto ho detto. Ogni singola tragedia e il loro susseguirsi ha lasciato sconcertati molti cittadini. In situazioni del genere è richiesta la presenza simbolica del presidente della Confederazione, che deve sì mantenere una certa distanza, e non può dare libero sfogo alle emozioni, ma deve trovare le parole giuste per dare voce a chi è toccato dagli eventi".
E dei tanti avvenimenti drammatici, quale è stato per Lei, il più arduo da gestire?
"La peggiore per me è stata la catastrofe di Zugo. Un dramma che coinvolge persone che conosciamo, ci tocca più degli attacchi alle Torri Gemelle, di una portata ben maggiore, ma comunque più distante, perché dall'altra parte dell'Oceano. Quella di Zugo è stato un assalto alla democrazia. Proprio di questo parlava il presidente della Repubblica Ceca, Vaclav Havel, nel primo messaggio di condoglianze giunto dall'estero. Se qualcuno, come in questo caso, si intrufola in un Parlamento, preso dalla collera contro lo Stato, aggredisce e uccide i politici che lavorano per il bene della comunità, non si può che parlare di un attacco alla democrazia".
Pochi giorni dopo c'è stato il grounding di Swissair che, senza vittime, è stato un trauma per il Paese.
"Non si può nemmeno lontanamente confrontare il fallimento di Swissair, a causa della strategia sbagliata dei suoi vertici, con gli altri eventi tragici di quell'autunno. Fino ad allora ritenevo che la Confederazione non dovesse aiutare la compagnia, ma al momento del grounding ho cambiato opinione. Ho realizzato che il dissesto dell'azienda avrebbe comportato la perdita di migliaia di impieghi per l'intero settore. A volte la realtà, in men che non si dica, spazza via convinzioni che non avremmo mai immaginato di dover rinnegare. Quando siamo confrontati con fatti concreti, reagiamo in modo ben diverso di quanto ci eravamo ripromessi fino ad allora, a livello teorico".
E la serie nera non era ancora finita, poco dopo ci sono stati gli incendi nel tunnel del San Gottardo e il crash dell'aereo di Crossair.
"Per quanto riguarda l'incidente del San Gottardo, ma anche dell'aereo, si è trattato di un rischio che assumiamo nella nostra società con le sue molteplici forme di mobilità. Per quanto gravi e dolorosi, rispetto alle altri catastrofi, era quella più prevedibile. D'altronde le conseguenze di un simile evento erano state più volte esercitate e simulate e le squadre di soccorso hanno agito in modo efficace, perché erano pronte a questa eventualità".
Il 2001 fu un anno molto difficile. È possibile fare dei confronti con la situazione attuale?
"Non è paragonabile con la crisi Covid, che ha obbligato il Governo ad adottare misure anche drastiche, contestate da molti. Certo, anche allora ha agito. Ad esempio, dopo l'incidente del San Gottardo, ho per così dire, colto la palla al volo e, in modo machiavellico, lo ammetto, ho introdotto il sistema di conteggio del traffico pesante, fino a quel momento fortemente controverso, ma in quei mesi difficili eravamo meno sotto pressione del Governo attuale".