Svizzera

Lothar continua, come l’uragano ha cambiato la foresta

A 25 anni dalla tempesta che ha abbattuto in Svizzera 14 milioni di metri cubi di legno, gli esperti del WSL hanno analizzato le conseguenze e i rimedi

  • Oggi, 10:19
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La scia distruttiva lasciata da Lothar un quarto di secolo fa

  • Reinhard Lässig
Di: Spi 

È stata di gran lunga la più grave tempesta invernale in Europa e in Svizzera in termini di danni alle foreste. Era la mattina del 26 dicembre 1999, quando l’uragano Lothar sferzava con la sua forza distruttiva l’Altopiano centrale, abbattendo 14 milioni di metri cubi di legno, quasi tre volte la quantità annuale tagliata nel Paese.

Un evento devastante su cui sono tornati gli esperti del WSL (Istituto federale di ricerca per la foresta, la neve e il paesaggio) per mettere a fuoco anche l’attuale situazione della foresta elvetica. Senza dimenticare che la distruzione fu terribile per la filiera del bosco, da un profilo umano, 19 persone persero la vita durante i pericolosi lavori di disboscamento, e da uno economico, i prezzi del legname scesero di circa un terzo per l’eccesso di offerta nella primavera del 2000.

Dal legno morto nasce la biodiversità

Ma è soprattutto il dopo che viene affrontato nel documento pubblicato mercoledì dal sito del WSL. Partiamo da come si sono sviluppate le aree colpite da Lothar.  In molte zone, spiegano gli esperti, “sono ricresciuti alberi alti in media dai 10 ai 20 metri. Nell’Altopiano, però, a seconda delle caratteristiche del suolo e della vegetazione iniziale, ci sono anche aree in cui i rovi o la felce aquilina hanno rallentato a lungo la crescita dei giovani alberi, o in cui non prosperano le specie arboree desiderate, ma ad esempio il nocciolo”.  

Ma ci sono stati anche aspetti positivi: “Nonostante lo sgombero è rimasto sul terreno molto legno morto, molto di più di quello che si trova normalmente nelle foreste svizzere. Questo è un vantaggio per la biodiversità, poiché il legno morto è un habitat importante”.  La diversità degli insetti è praticamente esplosa dopo la tempesta, come dimostra uno studio del WSL durato 20 anni.

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Un'area di tempesta invasa dalla vegetazione

  • H. Bachofen (2010)

Infestazioni di coleotteri della corteccia

Tra gli insetti, vi sono però anche quelli problematici. Nei terreni ricchi di abeti rossi, rilevano gli studiosi, dopo queste potenti tempeste si osserva sempre un forte aumento di coleotteri della corteccia. Da qui l’insegnamento che se “si vogliono proteggere importanti funzioni forestali, gli abeti rossi danneggiati devono essere eliminati il più rapidamente possibile, soprattutto nelle zone basse. Non appena fa più caldo, i coleotteri della corteccia si moltiplicano rapidamente sugli abeti rossi. Tuttavia, le capacità dei servizi forestali non sono generalmente sufficienti”.

Nelle boschi di protezione dopo le tempeste, suggerisce la ricerca, “può essere sensato rimuovere la corteccia dagli alberi che giacciono a terra e lasciarli lì, in quanto ciò può fornire una protezione contro la caduta di massi e valanghe nel medio termine”.

Le specie arboree più resistenti alle tempeste

Un primo rilievo sulla resistenza degli alberi è che le latifoglie, perdendo le foglie in inverno, offrono una superficie minore per l’attacco del vento e sono quindi generalmente meno sensibili alle tempeste invernali rispetto alle conifere, una relazione che si accentua con l’aumento dell’altezza degli alberi. 

Gli alberi decidui tendono inoltre a tollerare meglio il caldo e la siccità. Rispetto a prima del 1990, oggi i forestali svizzeri piantano generalmente molti meno alberi. Al contrario, promuovono le specie desiderabili che si rigenerano naturalmente, fornendo loro luce e proteggendole dalla selvaggina. 

Anche da morto il legno protegge

Un esperto di boschi di protezione, Peter Bebi, ha analizzato come si è sviluppata la protezione dai rischi naturali delle aree temporalesche in montagna. La sua conclusione è stata che i tronchi e le placche di radici che giacevano in giro hanno contribuito alla protezione contro le valanghe e la caduta di massi per un tempo sorprendentemente lungo. 

Prima del 1990, quasi nessuno avrebbe pensato di non ripulire i boschi di protezione dopo le tempeste. Oggi i servizi forestali possono valutare meglio quando è opportuno lasciare il legname danneggiato dalle tempeste, sgomberarlo solo parzialmente o combinarlo con la piantumazione e altre misure di protezione.

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Non solo boschi, il passaggio di Lothar a Ginevra

  • Keystone

E se Lothar facesse il bis?

Infine, lo studio del WSL evidenzia che attualmente la foresta in Svizzera è più preparata per affrontare una “tempesta del secolo” come Lothar. Questo perché oggi sull’Altopiano Centrale ci sono molti meno abeti rossi e più alberi decidui rispetto al 1999. Inoltre i coleotteri della corteccia trovano in genere un numero leggermente inferiore di alberi.

Tuttavia, il clima più caldo e le condizioni più asciutte porteranno probabilmente a una propagazione di massa ancora maggiore. Ciò è stato chiaramente dimostrato dall’ultima grande tempesta invernale Burglind nel 2018 e dalla forte infestazione di bostrico dal 2018 al 2020 sul versante settentrionale delle Alpi.

Lo studio presume infine che prima o poi si verificheranno di nuovo grandi tempeste: “Tempeste più gravi di Lothar sono difficili da immaginare in Europa, ma non si possono escludere con i cambiamenti climatici. Tuttavia, gli esperti forestali sono oggi più preparati grazie alle esperienze di Vivian e Lothar, ma anche grazie ai progetti di ricerca a lungo termine”, come quello appunto del WSL.

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Il Quotidiano 12.12.2024, 19:00

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