Pochi giorni fa, l’Agenzia europea dei farmaci ha autorizzato la produzione di un nuovo medicamento per fronteggiare precocemente il morbo di Alzheimer: si chiama Leqembi ed è stato salutato dalla stampa come la chiave di volta nella lotta contro questa patologia neurodegenerativa, ad oggi senza cura.
Ma si tratta davvero di una rivoluzione, come sostengono i media? “Dal punto di vista concettuale, sicuramente è una svolta: perché, per la prima volta, abbiamo un farmaco che va a modificare la malattia biologica”, e non agisce unicamente sui sintomi, afferma interpellato dalla trasmissione SEIDISERA Leonardo Sacco, che dirige l’ambulatorio della memoria presso il Neurocentro dell’Ente ospedaliero cantonale.
È un primato anche per la ricerca, poiché apre “uno spiraglio per ulteriori introduzioni di nuovi farmaci”. Per quanto si osserva ora, la sostanza “rallenta più o meno il 30% della malattia; sul lungo termine, invece, al momento non abbiamo sicurezze”, precisa Sacco. Il preparato “è indirizzato alle persone in fase iniziale di malattia, con sintomi non conclamati di disturbi di memoria, di attenzione o di linguaggio”.
Leqembi non può, tuttavia, essere somministrato a chiunque. Alcuni pazienti portatori di una particolare proteina potrebbero correre il rischio di microsanguinamenti o rigonfiamenti cerebrali. Per questo motivo sia il Regno Unito che l’Agenzia europea ne hanno precluso l’utilizzo alle persone non idonee dal punto di vista genetico.
Entro la fine dell’anno è attesa l’omologazione anche in Svizzera.
L’Alzheimer in Svizzera e nel mondo
In Svizzera, oltre 160’000 persone convivono con questa neuropatologia e ogni anno si registrano circa 33’000 nuovi casi. Le proiezioni di Alzheimer Svizzera sono allarmanti: entro il 2050 si stima che i casi supereranno i 300’000.
A livello globale, riferisce l’Organizzazione mondiale della sanità, il morbo di Alzheimer colpisce 55 milioni di persone e implica per i sistemi sanitari costi nell’ordine di circa 1’300 miliardi di dollari all’anno.