Quattro delle maggiori raffinerie a livello mondiale si trovano in Svizzera. Ma secondo l'inchiesta pubblicata dall'organizzazione non governativa Swissaid, malgrado le denunce ripetute nel corso degli anni, non tutte le pratiche sono luccicanti. Sotto il fuoco delle critiche soprattutto la poca trasparenza di due società basate in Ticino. L’ONG chiede che accertino l’origine del metallo prezioso affinché non sia il frutto di sfruttamento e di violazione dei diritti umani e non servano a finanziare conflitti. Abbiamo intervistato Marc Ummel, che ha condotto l’inchiesta per Swissaid ed è l’autore dello studio pubblicato oggi.
Marc Ummel, secondo il vostro studio c’è ancora poca chiarezza sull’origine dell’oro lavorato in Svizzera. Ma si può fare di tutta l’erba un fascio?
No. Ci sono una decina di raffinerie in Svizzera, di cui cinque sono certificate dallo standard internazionale, ma tra le quattro più grosse che fanno parte delle nove raffinerie più grandi a livello mondiale c’è una raffineria nel cantone di Neuchâtel che si chiama Metalor che dice di non poter importare l’oro da Dubai perché non riesce a tracciarne l’origine, e quindi ci sono troppi rischi di importare dell’oro illegale. Invece c’è una raffineria come Valcambi che importa decine di tonnellate da fornitori molto problematici degli Emirati arabi uniti – come la società Kaloti che è implicata in scandali riguardanti l’oro illegale, in particolare proveniente dal Sudan, dove contribuisce a finanziare conflitti armati.
Puntate il dito sulle raffinerie con sede in Ticino, in particolare Valcambi. Ma potete dire con certezza che il loro oro è per così dire insanguinato?
Non possiamo dirlo perché le discussioni che abbiamo avuto con Valcambi non permettono di saperlo. Non c’è nessuna trasparenza. Abbiamo solo scoperto che importano moltissimo oro da Kaloti e da una società di trading molto vicina a Kaloti. E quando siamo andati a Dubai, abbiamo visto le pratiche di rifornimento di Kaloti, in particolare allo sportello d’acquisto nel souk dell’oro.
Che cosa avete visto a Dubai di così preoccupante dal punto di vista del commercio dell’oro?
Nel souk dell’oro – e Valcambi riconosce che una parte dell’oro può provenire dal souk – non c’è nessun controllo sull’origine. Ci sono persone che vengono da diversi paesi africani con l’oro nel bagaglio a mano. Spesso si tratta di oro illegale, non dichiarato all’esportazione. Non si sa come questo oro sia stato prodotto, passa attraverso le società di trading e arriva in grandissima parte in Svizzera. Quando alcune persone nel souk ti dicono che accettano tranquillamente l’oro proveniente dalle zone di conflitto nella Repubblica democratica del Congo, ti rendi conto che siamo di fronte a un grosso problema e che partecipiamo indirettamente al finanziamento di conflitti armati.
Valcambi oggi ha declinato l’invito a commentare, dicendo di voler leggere bene il vostro studio. Ma lei Marc Ummel, ha detto di aver avuto discussioni con Valcambi. Che informazioni avete ricevuto?
Abbiamo avuto contatti con Valcambi come con Argor. La cosa interessante è che Argor ci ha detto che taglieranno alcune relazioni d’affari. Noi chiediamo che mettano pressioni sui fornitori affinché migliorino le pratiche. Argor si è mostrata abbastanza aperta; anche se è inquietante che una società aspetti le pressioni di un ONG per cambiare. Presso Valcambi è più complicato: quando si entra nei dettagli non vogliono parlare dei loro fornitori, restando sul generico. Riconoscono che non sanno bene da dove proviene una parte dell’oro.
Che cosa chiedete concretamente alle raffinerie?
Noi chiediamo loro di lavorare direttamente con le miniere in modo da essere sicuri sull’origine dell’oro. Hanno già delle relazioni dirette con le miniere industriali. Non si capisce perché non possano avere dei rapporti diretti anche per l’oro prodotto artigianalmente. Le raffinerie svizzere – siccome sono sottoposte agli standard internazionali – dovrebbero dichiarare alle dogane l’origine dell’oro e ritracciarne il percorso fino alla miniera, ma il nostro studio mostra chiaramente che non lo fanno, che non rispettano questo dovere di diligenza. Oggi infatti se comprate oro a Dubai, sulle statistiche figurerà Emirati Arabi Uniti, mentre lì non viene estratto. Sta anche alle autorità svizzere fare in modo che migliorino queste pratiche: ne va delle condizioni di vita di milioni di minatori artigianali e delle loro famiglie.