Svizzera

Quando lo straniero condannato non viene espulso

La clausola di rigore - che scatta quando l’imputato ha dei legami con la Svizzera - viene applicata nel 40% dei procedimenti - L’intervista all’esperto di diritto Stephan Schlegel

  • Ieri, 20:04

Svizzera: l'espulsione di stranieri condannati

SEIDISERA 07.08.2024, 18:29

  • Keystone
Di: SEIDISERA-Driussi/RSI Info

Il cittadino straniero condannato in Svizzera non viene sempre espulso. È per esempio il caso di un 52enne italiano che a Zurigo era stato condannato a sei anni di carcere per ripetuti atti sessuali con fanciulli e all’espulsione dalla Svizzera. Una decisione, quest’ultima, che dovrà però essere rivalutata, secondo una recente sentenza del Tribunale federale.

Potrebbe infatti trattarsi di un cosiddetto caso di rigore, che tiene conto dei legami del condannato con la Svizzera. Il 52enne è nato e cresciuto qui, è padre di una figlia adulta e nonno di una nipotina, le quali vivono pure in Svizzera. E non è l’unico caso controverso trattato dal Tribunale federale.

Anche dando un’occhiata ai dati dell’Ufficio federale di statistica, emerge che fra il 2021 e il 2023 la clausola di rigore è stata applicata dai tribunali nel 40% dei procedimenti. E se si aggiungono altri motivi di rinuncia all’espulsione, si arriva alla metà dei casi. Le proporzioni variano inoltre in funzione dei reati: in seguito a un assassinio, l’espulsione è avvenuta nel 100% dei casi, solo nel 17% in seguito a un’appropriazione indebita di imposte alla fonte.

Fatto sta che la recente sentenza del Tribunale federale rilancia il dibattito sulla questione, considerando che l’espulsione non avviene come previsto una decina di anni fa, quando si votò sulle corrispondenti iniziative UDC. La RSI ne ha parlato con l’avvocato Stephan Schlegel, esperto di diritto penale e docente alla facoltà di legge dell’Università di Basilea.

Quali sono i criteri fissati dal Tribunale federale per la rinuncia all’espulsione (obbligatoria) in virtù della clausola di rigore?

“Sono molti. Il più importante riguarda lo status di rifugiato: cosa succede se il condannato viene rimpatriato. Se rischia di essere torturato o di essere perseguitato politicamente, l’espulsione non avviene. Per gli altri si valuta l’integrazione in Svizzera: vita familiare, eventuale matrimonio, se ci sono figli che vivono assieme. Ma anche il tempo trascorso dal loro arrivo (se sono nati qui o se sono arrivati da adulti), la loro vita lavorativa, se ricevono assistenza, se hanno contatti con cittadini svizzeri, ecc. Questi e altri criteri sono stati elaborati dalla giurisprudenza”.

La percentuale dei condannati espulsi o, se vogliamo vederla diversamente, delle rinunce all’espulsione in virtù della clausola di rigore, varia da reato a reato all’interno di un catalogo dove tutti i crimini e delitti menzionati comportano appunto l’allontanamento dal paese. Come si spiega?

“Credo dipenda proprio anche da ciò che ha determinato la pena. Dinanzi a un assassinio, che prevede dai dieci anni di prigione al carcere a vita, la possibilità che si rinunci all’espulsione è ridotta. Per i furti con scasso il ventaglio è invece assai ampio. Anche forzando l’entrata di una cantina per rubare 400 franchi di merce si commette furto con scasso e se l’autore è nato in Svizzera o ci abita da trent’anni senza precedenti penali sarebbe esagerato espellerlo solo per quell’episodio. I reati che comportano l’espulsione obbligatoria sono inoltre raccolti in un catalogo molto ampio. Accanto all’omicidio intenzionale troviamo per esempio la ‘mancata installazione di dispositivi di sicurezza’, reato dinanzi al quale ci si chiede: ‘di cosa si tratta?’. È un po’ il problema di questo catalogo”.

D’accordo, ma quando si legge per esempio che meno della metà dei condannati per atti sessuali con fanciulli viene espulso, quando in Svizzera potrebbe ancora avere contatti con bambini, qualche domanda sorge...

“Dipende un po’ da quel che sta dietro ai reati. Gli ‘Atti sessuali con fanciulli’ vengono commessi da chi è entrato in contatto con minori di sedici anni, non necessariamente con violenza o contro la volontà dell’altra persona. Ci si può quindi immaginare, che ne so, un venticinquenne che ha avuto un semplice contatto sessuale con una quindicenne. In ogni caso, senza leggere le sentenze si rischia di interpretare male questa statistica”.

Sta di fatto che il Consiglio federale aveva promesso che la clausola di rigore sarebbe stata l’eccezione. Simonetta Sommaruga aveva proprio parlato di “pochi casi”. Ora invece succede che all’allontanamento si rinuncia nella metà dei casi e che la clausola di rigore viene applicata nel 40% delle procedure...

“Credo non si sia tenuto sufficientemente conto delle conseguenze di quanto deciso. Non stiamo infatti parlando solo dei turisti del crimine, grande argomento durante la campagna di voto, espulsi in oltre l’80% dei casi, ma soprattutto di persone che vivono in Svizzera da molto tempo (o nate qui) e che fanno parte della nostra società. Che sono di fatto svizzeri ma con un altro passaporto. Di solito sono vicende di disagio che configurano un classico caso di rigore. Ed è già stato chiarito che procedere all’espulsione in queste circostanze è contrario alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo, come lo è non tenendo conto dei criteri accennati prima, derivanti dalla giurisprudenza della corte CEDU. Ecco perché per molti non si procede all’espulsione: per non violare la Convenzione”.

Un’iniziativa parlamentare chiede di mettere di nuovo mano alla legge affinché l’eccezione resti l’eccezione. Ma allora c’è ancora margine d’intervento politico o è da escludere?

“Le leggi non migliorano rendendole più dettagliate. Ogni autorità deve fare la sua parte e i tribunali devono semplicemente definirne i criteri d’applicazione. L’espulsione non è contemplata dalla legge da molto tempo: ci sono voluti alcuni anni perché arrivassero le prime sentenze al Tribunale federale. Ora si è sviluppata una giurisprudenza con criteri relativamente chiari e non credo sia il caso che il Parlamento intervenga. Naturalmente si può cercare di mettere mano alla giurisprudenza, imponendo altri criteri. Ma essa è appunto legata alla Convenzione europea dei diritti umani e alle linee guida di Strasburgo. Anche perché non serve a nessuno decidere un’espulsione che poi viene annullata a Strasburgo perché viola i diritti umani. Non credo sia questo l’obiettivo di un parlamentare”.

SEIDISERA del 07.08.2024: L’intervista di Gian Paolo Driussi all’avvocato Stephan Schlegel sull’espulsione degli stranieri condannati in Svizzera

RSI Info 07.08.2024, 16:06

  • Università di Basilea
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