Svizzera

Quel patrimonio di Gaza in salvo a Ginevra

La città sul Lemano, che per varie traversie ha in custodia centinaia di oggetti archeologici, ha lanciato un appello per proteggere i beni culturali della Striscia

  • 10 luglio, 20:15

I beni culturali distrutti a Gaza

SEIDISERA 10.07.2024, 18:51

  • Keystone
Di: SDS/Mottini/RSI Info

Sono oltre cinquecento pezzi e fanno parte del patrimonio archeologico di Gaza. Da ormai 17 anni sono fermi al punto franco di Ginevra, dove nel lontano 2005 era stata organizzata una grande mostra sulla storia della regione dal terzo millennio avanti Cristo, quando vi era una forte presenza egizia, passando dalle epoche assira, persiana, greca e romana fino al Medioevo.

Dopo il successo della mostra, gli oggetti sarebbero dovuti tornare a Gaza, ma nel 2007 Hamas arriva al potere e Israele blocca i valichi della Striscia. Per paradosso una fortuna per questi oggetti, dal momento che lo scorso febbraio, oltre a moschee e biblioteche distrutti dai bombardamenti israeliani, viene devastato anche il museo archeologico creato dal collezionista palestinese Jawdat Khoudary. Un fatto che ha suscitato la reazione anche di Ginevra, che ha lanciato un appello per la protezione del patrimonio di Gaza, come previsto dalla Convenzione dell’Aia. La Città ha scritto ufficialmente al Dipartimento federale degli affari esteri, ha spiegato alla RSI Sami Kanaan, il responsabile del dicastero cultura. Il capo del DFAE Ignazio Cassis ha risposto che condivide questa preoccupazione senza indicare possibili passi concreti, mentre l’ambasciata israeliana non ha risposto.

Tribolata, seppur affascinante, è invece la storia delle centinaia di pezzi da 17 anni rinchiusi in casse al punto franco, sotto la responsabilità del Museo di Arte e Storia di Ginevra, diretto da Béatrice Blandin. Ce la racconta il suo predecessore Marc-André Haldimann: “Nel 2005 siamo stati nella Striscia di Gaza, dove abbiamo visto sia gli scavi sia le collezioni. Questo ci ha dato l’idea che sarebbe stato tempo di avere un museo archeologico a Gaza stessa. Così per portare avanti quel progetto abbiamo concepito una mostra sull’archeologia di Gaza a Ginevra. Questo è stato il punto di inizio”.

L’ultimo tentativo di riportare gli oggetti a Gaza è recente e sembra realizzabile perché nel frattempo i reperti sono diventati proprietà dell’Autorità Palestinese, che vuole rimpatriarli, questa volta in Cisgiordania. “Eravamo quasi pronti a farli ripartire - racconta la direttrice Blandin -. Ci mancava solo il permesso doganale per attraversare i territori israeliani, per arrivare a Ramallah. La situazione politica ha spinto però i palestinesi a chiederci di tenere quelle opere qui a Ginevra per la loro sicurezza”.

Un timore fondato, visto che nel frattempo è scoppiata la guerra. Per questi oggetti le peripezie doganali sono davvero la salvezza. Quelli rimasti a Gaza, nel museo creato nel frattempo dal ricco collezionista, hanno avuto invece un altro destino. “Purtroppo una fine brutta - dice Haldemann - . Le autorità israeliane sono state informate nel dicembre dell’anno scorso della presenza del museo e dei due depositi dove sono custoditi. I filmati che abbiamo ricevuto a febbraio di questo anno mostrano che il museo è stato incendiato, gli oggetti totalmente distrutti e i due depositi sono stati passati al bulldozer. Il che vuol dire che non esistono più”.

Per i beni rimasti a Ginevra è previsto che non tutti restino nelle casse. Alcuni reperti verranno esposti quest’autunno. “Sarà una mostra - spiega la curatrice Béatrice Blandin - che parlerà dei 70 anni della Convenzione dell’Aia, la prima che protegge il patrimonio culturale mondiale”. Una mostra che, in generale, sarà incentrata sul tema della protezione dei beni nelle nazioni in conflitto.

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