Hanno passato cinque anni in Siria, la metà sotto il regime jihadista in una zona di guerra e l’altra metà nei campi di prigionia in mano curda. La madre le aveva rapite quando avevano 4 e 9 anni. I padri delle due bambine, da tempo separati dalla donna, hanno lottato per tutti questi anni per ottenerne il rimpatrio. Sono giunte lunedì notte nel canton Ginevra, dopo lunghi negoziati.
Disoccupazione resta stabile in Svizzera
Telegiornale 07.12.2021, 13:30
La prima condizione era ottenere la separazione dalla mamma. "L'accordo della madre era necessario", ha spiegato il segretario di Stato Johannes Matyassy, che si è occupato del rimpatrio, sottolineando la difficoltà della decisione per tutti i protagonisti della vicenda: la figlia maggiore ha accettato di tornare in Svizzera soltanto dopo aver incontrato il padre sul posto.
Una volta tornate nella Confederazione, oltre a doversi riadattare, le ragazzine saranno comunque "sorvegliate": "Si parte dal principio che i figli sono radicalizzati", ha precisato André Duvillard, delegato della Rete integrata Svizzera per la sicurezza. Partendo da questo principio, le autorità ginevrine dovranno definire le loro nuove condizioni di vita: dovranno essere seguite per anni con un approccio multidisciplinare (dalle cure psichiatriche a quelle socio-educative).
La madre (a cui è stata ritirata la cittadinanza elvetica) resterà nel campo profughi di Roj, in Siria, con un'altra bambina, questa volta figlia di una relazione con uno jihadista. Altri cinque bambini svizzeri dovrebbero ancora trovarsi nei campi di prigionia: la loro sorte verrà decisa caso per caso.