La sostenibilità, con opportunità e mobilità, è uno dei tre grandi temi al centro dell'esposizione universale in corso a Dubai dove il padiglione svizzero mette in mostra una serie di buone pratiche per conservare la natura dalle Alpi ai deserti. Dalla ricerca sugli ecosistemi globali attraverso i satelliti, progetto dell'Università di Zurigo, all'economia circolare, fino all'uso dei barbagianni per salvaguardare la biodiversità in Medio Oriente. La struttura stessa, intitolata Reflections, è stata progettata per avere il più basso impatto possibile sull'ambiente: è temporanea, completamente smontabile, e tutti i materiali utilizzati sia all'esterno che all'interno, sono riciclabili.
Gli incontri e le discussioni intorno ai temi dei cambiamenti climatici, della biodiversità, della riduzione delle emissioni, sono moltissimi in questi giorni a Dubai, alla vigilia della Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici di Glasgow, a inizio novembre. Non sono mancati gli appelli, primo tra tutti quello del neoeletto Presidente dell'Assemblea generale dell'Onu, Abdulla Shahid, che ha definito la gravità della crisi climatica una "minaccia esistenziale".
Qualche esempio di quanto si potrebbe fare arriva anche dai creatori di altri padiglioni pensati per l'Expo 2020. La Nuova Zelanda accoglie i visitatori con il fiume Whanganui, sacro ai maori, che dopo una battaglia di oltre settanta anni ha ottenuto la personalità giuridica. Più di 80'000 piante (tra cui il fiore nazionale: la rosa anda Miss Joaquim) formano invece i giardini pensili proposti da Singapore. La struttura dell'Olanda è al cento per cento biodegradabile ed utilizza esclusivamente materiali del deserto emiratino, che torneranno alla terra, mentre entrando in quella della Malesia ci si ritrova in una foresta pluviale, con giardini sotterranei, illuminati da centinaia di lucciole.