“La pressione è così grande che una rivoluzione sembra inevitabile”. Sono parole di Anne-Geneviève Bütikofer, direttrice di H+, l’organizzazione mantello degli ospedali svizzeri, che in una recente intervista concessa al Sonntagsblick riapre di fatto un dibattito che anima la politica svizzera almeno dal 2003: la cassa malati unica.
Torna l'ipotesi di una cassa malati unica
Telegiornale 24.09.2023, 21:01
Premi proporzionali al reddito
L’idea di una cassa malati unica nasce dalle ceneri di un principio bocciato per ben due volte dall’elettorato: stabilire l’ammontare dei premi di cassa malati in base al reddito. La prima nel 1994 con l’iniziativa “per una sana assicurazione malattia”. Promossa dalla sinistra venne respinta dal 76,6% degli aventi diritto di voto.
Se ne riparlò nel 2003 con l’iniziativa popolare “la salute a prezzi accessibili”, promossa ancora una volta dall’area progressista. In questo caso il modello elaborato dai fautori prevedeva che i premi venissero finanziati per il 60% dal reddito, per il 15% dalla sostanza e per il restante 25% tramite l’IVA. L’iniziativa avrebbe dovuto inoltre consentire di portare la quota dell’IVA fino al 50% in caso di bisogno. Questa opzione, secondo i promotori, avrebbe permesso di contenere il rialzo dell’IVA entro limiti sopportabili.
Di tutt’altro avviso gli avversari, raccolti in un comitato interpartitico composto da parlamentari borghesi e denominato “No, a nuove imposte sulla salute”. Per loro è un’iniziativa “ingiusta, inutile e pericolosa”. Il popolo li seguì e affossò la proposta alle urne il 18 maggio del 2003: contrari quasi tre quarti dell’elettorato e la totalità dei cantoni.
“Per una cassa malati unica e sociale”
Per i perdenti la causa del secco “no” andava ricercata nella proposta di aumento dell’IVA. Così pochi giorni dopo il Movimento popolare delle famiglie, vicino agli ambienti della sinistra, lanciò una nuova iniziativa popolare. Denominata “Per una cassa malati unica e sociale”, chiedeva l’istituzione di una cassa malati unica e obbligatoria per tutti. L’iniziativa voleva inoltre che i premi fossero fissati in funzione della capacità economica degli assicurati. Il testo enunciava solo il principio generale, lasciando al legislatore il compito di definire il sistema di finanziamento.
Per i promotori questa cassa unica avrebbe permesso di ridurre i costi amministrativi e di garantire maggiore trasparenza, nonché controlli più efficaci sui fornitori di cure. A detta loro la concorrenza fra casse non avrebbe funzionato, perché gli assicuratori sarebbero entrati fra loro in competizione, più per accaparrarsi una clientela dal profilo di rischio basso, che per ridurre effettivamente i costi.
Di tutt’altro avviso gli avversari, secondo i quali l’eliminazione della concorrenza tra i diversi assicuratori avrebbe ridotto l’efficienza e la trasparenza del sistema. La riforma avrebbe inoltre reso più difficile proporre forme di assicurazione con incentivi per diminuire i costi.
Santésuisse, l’organizzazione degli assicuratori, affermava quindi che il sistema di finanziamento attraverso premi proporzionali avrebbe finito per gravare sulle famiglie a reddito medio.
Si votò l’11 marzo del 2007, dopo un’accesa campagna. I titoli dei quotidiani d’epoca lo testimoniano: c’è chi parlò di “pericolosa illusione” e chi la definì “una riforma ragionevole”. Ma alle urne fu una stangata: contrari il 71,2%. Sul fronte dei cantoni solo Neuchâtel e Giura dissero “sì”. E a votare andò solo il 45,7% degli aventi diritto di voto.
“Per una cassa malati pubblica”
Se ne riparlò nel 2014 con l’iniziativa popolare “Per una cassa malati pubblica”, promossa ancora una volta dal campo rosso-verde, con il sostegno delle organizzazioni di difesa dei pazienti e dei consumatori. L’obbiettivo, sempre lo stesso: frenare l’incessante lievitazione dei premi. Rispetto al 2007 i fautori della cassa unica abbandonarono definitivamente il principio dei premi in base al reddito, già due volte affossato dal popolo.
Per i promotori, l’iniziativa avrebbe comunque consentito di ridurre notevolmente i costi amministrativi e di eliminare completamente quelli di marketing e di pubblicità, così come quelli legati ai cambiamenti di cassa degli assicurati.
Da destra e dal centro si replicò invece che una cassa monopolistica non sarebbe stata motivata a cercare soluzioni per contenere i costi e dunque i premi. A loro avviso questo è possibile solo con un regime di concorrenza tra le varie casse. “Senza questa concorrenza, i premi aumenterebbero ancora di più di quanto avviene”, affermarono all’epoca.
Ma ancora una volta la spuntarono gli avversari del cambiamento, dopo un dibattito scandito sui due fronti da termini come “inganno” e “rivoluzione”. All’esame delle urne, il 28 settembre, il 62% dei votanti disse “no”. Sul fronte dei cantoni Ginevra, Vaud, Neuchâtel e Giura accolsero l’iniziativa. A livello nazionale la partecipazione al voto fu del 47,16%.
Il resto è storia recente: l’esplosione dei costi della salute è stata costante e la “pressione”, parafrasando la direttrice di H+ Bütikofer, è diventata davvero grande. Che sia il momento per un cambiamento? Stando a un sondaggio effettuato dal portale online Watson fra il 29 agosto e il 1° settembre di quest’anno, forse sì. All’ipotesi si mostra infatti favorevole il 79% degli interpellati (9’200 persone nella Svizzera tedesca e in Romandia) e i favorevoli si contano anche fra coloro che sono vicini agli schieramenti di centrodestra. Un dato agli antipodi, rispetto a quanto è emerso in passato sul tema dalle urne.
La testimonianza di chi fa fatica a pagare la cassa malati
SEIDISERA 26.09.2023, 18:32
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