In Svizzera si comincia a porre la questione se vaccinare anche in bambini contro il coronavirus. Ieri, Anne Lévy, direttrice dell’Ufficio federale della sanità pubblica (UFSP) ha dichiarato che dopo l’estate ci saranno abbastanza dosi a disposizioni per somministrarle anche ai più giovani. Per ora, tuttavia, questa è solo un’ipotesi, anche perché non c’è l’assenso di Swissmedic e mancano studi scientifici solidi.
Perché, tuttavia, vaccinare una categoria in cui sono rari di decorsi gravi della malattia? “Ci sono motivi che depongono a favore del vaccinare i più giovani: fortunatamente sono rari ma anche in alcuni bambini sono stati osservati decorsi gravi – ci risponde Alessandro Ceschi, direttore dell'Istituto di scienze farmacologiche della Svizzera italiana affiliato all'Ente ospedaliero cantonale ticinese – e il fatto che possono avere uno strascico prolungato. E poi il fatto che ci sono alcuni bambini che hanno malattie innate e quindi sono predisposti a un decorso grave della malattia, e c’è il fatto che ormai è stata dimostrata l’efficacia dei vaccini nell’interrompere la catena di trasmissione”. Vaccinando i più giovani, quindi, si contribuirebbe ad arrestare la corsa del virus.
Servono studi indipendenti
Mancano però gli studi indipendenti, l’unico effettuato sino ad ora è quello della stessa compagnia farmaceutica Pfizer. Inoltre, solo Swissmedic potrà dare il via libera. Si tratta di un aspetto fondamentale, continua il dr. Alessandro Ceschi –, “perché la sicurezza è sempre un aspetto centrale nell’omologazione dei vaccini e nell’estensione del loro uso. Così è stato per gli adulti, e quando si entra nella fascia pediatrica è necessaria una maggiore prudenza. Attualmente disponiamo di dati preliminari, ci sono studi in corso e fintanto che non sarà dimostrata una totale sicurezza nel breve periodo e anche in un intervallo prolungato, penso sia prematuro esprimersi su un eventuale uso dei preparati anti-Covid nei bambini”.