Se, come scommette la Confederazione, il vaccino dell'azienda americana Moderna funzionerà, la Svizzera avrà a disposizione dosi sufficienti a coprire 2,25 milioni di persone. Dunque non l'intera popolazione del Paese. Con quali criteri verrà dunque somministrato? Berna non ha ancora chiarito questo aspetto, ma secondo Alessandro Ceschi, direttore medico e scientifico dell'Istituto di scienze farmacologiche della Svizzera italiana, "sarà importante coprire le fasce della popolazione più a rischio, quindi anziani e persone con altre patologie. Oltre agli operatori sanitari".
Quello di Moderna, azienda con cui la Confederazione nei giorni scorsi ha sottoscritto un accordo per "prenotare" il vaccino, è uno dei sei progetti in fase di sperimentazione avanzata a livello mondiale. Martedì, il presidente russo, Vladimir Putin, ha annunciato che Mosca ha registrato il primo vaccino contro il Covid-19. Una notizia che ha suscitato perplessità in diversi esperti. "Ha sorpreso anche me", ammette Ceschi, sottolineando che "è positiva ma va presa con cautela finché le nostre autorità regolatorie possano verificare tutti i dati di efficacia e sicurezza".
Ma la lotta al nuovo coronavirus non si concentra solo sui vaccini. Martedì, Berna ha fatto sapere di aver sottoscritto un altro accordo con l'azienda elvetica Molecular Partners, questa volta per un farmaco mirato alla cura del Covid-19. "I dati di cui disponiamo oggi sono incoraggianti, ma la strada è ancora lunga. Andranno approfonditi gli studi clinici sull'uomo che è previsto partano in autunno", commenta il direttore dell'Istituto di scienze farmacologiche della Svizzera italiana.