Ha 41 anni, un marito e cinque figli ma di sé dice di essere “in un corpo di un’altra persona, di un’ottantenne”. Un anno e mezzo fa Valentina contrae per la terza volta il Covid-19. Lo farà altre due volte nonostante la doppia vaccinazione. È il 2 maggio 2023 e sta lavorando in un locale pubblico. Sviene e si ritrova con mani e piedi cianotici. Da lì inizia il suo inferno, fra innumerevoli visite e consultazioni mediche e dolori di ogni tipo, da quelli articolari, continui e costanti, leniti dagli oppiacei alla perdita del gusto e del sonno, dalla mancanza di aria all’insonnia e alla depressione. Non per tutti il Covid-19 è solo uno sgradevole ricordo: per qualcuno è un presente dalle gravose conseguenze.
Valentina frequenta molti medici ma risposte chiare e precise non ci sono. Si spinge fino a Basilea da un noto reumatologo dell’ospedale universitario, che le diagnostica una connettivite indifferenziata, una malattia infiammatoria autoimmune. Il quadro clinico si complica, andando ben oltre il Long Covid. Il suo caso – nella sua variegata sintomatologia – è un’eccezione ed è difficilmente replicabile. L’origine di tutto rimane un mistero: da Basilea le spiegano che è come se dentro di lei fosse stato pigiato un bottone on/off. La sua accensione – che sia stata provocata dall’infezione da Covid-19 o dal vaccino - ha poi scatenato le reazioni nel corpo di Valentina.
Da un anno e mezzo la donna non riesce più a lavorare, percependo le indennità giornaliere in caso di malattia. Fra pochi mesi il suo diritto si esaurirà e lei ha avanzato la richiesta di una rendita d’invalidità.
Secondo l’Ufficio dell’assicurazione invalidità, a fine 2023 erano 39 gli assicurati a cui è stata accordata una rendita per incapacità lavorativa causata dal Long Covid: in 18 casi si trattava di una rendita temporanea, nei restanti 21 di una indeterminata. Di questi 21, 16 erano intere, mentre cinque parziali.
Chi ha seguito il caso di Valentina è il dottor Pietro Antonini, specialista di medicina interna e responsabile dell’ambulatorio Long Covid alla Clinica Moncucco di Lugano. Al dubbio di Valentina se all’origine di molti suoi problemi ci sia l’infezione o il vaccino, Antonini sottolinea ai microfoni di SEIDISERA che “ci sono pochi vaccini che sono stati così ben studiati come quelli del Covid-19, rivelatisi ottimi prodotti con un buon grado di sicurezza che non è mai al 100% né per i vaccini né per altre misure preventive che mettiamo in atto”. Il dottore non ha comunque voluto nascondere che “ci sono state delle complicazioni, anche se rare, in minor misura con i vaccini che abbiamo usato in Svizzera” e che “questi vaccini hanno comunque salvato la vita a tantissima gente”.
L’ambulatorio Long Covid
L’ambulatorio Long Covid della Clinica Moncucco è stato creato più di tre anni fa ed è un luogo multidisciplinare che mirava a favorire una collaborazione fra medici specialisti, medici di famiglia e personale paramedico nella gestione della sindrome. La struttura sta per chiudere i battenti, alla luce del fatto che negli ultimi mesi la casistica è diminuita. I pazienti potranno continuare a essere seguiti privatamente presso i medici di famiglia. In questi anni dall’ambulatorio sono passate all’incirca 400 persone. Due terzi sono donne e mediamente l’età dei pazienti è compresa fra i 40 e i 70 anni, anche se esistono dei casi di long Covid pediatrici.
L'ambulatorio Long Covid
Il Quotidiano 13.05.2021, 21:00